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Ofelia e la memoria censurata
Ofelia, dopo essersi autoimposta una clausura di due anni e sette mesi nella sua cameretta su Anima, decide di partire alla ricerca di Thorn, ancora latitante. In una vecchia cartolina che le ha procurato il prozio ha intravisto la statua del soldato decapitato che appare spesso nei suoi sogni-premonizioni e vuole approfondire le indagini proprio là dove sorge il monumento. Con l’aiuto dell’ex ambasciatore del Polo, Archibald, che s’è scoperto nuovi poteri, utilizza una Rosa dei Venti per trasferirsi su Babel, l’arca degli spiriti di famiglia gemelli Polluce ed Helena, dove, in un monumentale edificio detto il Memoriale, viene conservato il ricordo storico dell’Umanità in una immensa collezione di libri. Qui cercherà di farsi accogliere nell’accademia che forma i nuovi “memorialisti precorritori”, gli studiosi che catalogano i volumi, in modo da poter avere accesso al Secretarium, l’ala più inaccessibile del Memoriale, dove sono custoditi, lontano dagli occhi dei non adepti, i libri più segreti, quelli proibiti. In essi la ragazza spera di trovare le risposte su chi sia Dio e chi l’Altro che cerca di sovvertire l’ordine delle Arche. È anche convinta che Thor stia seguendo la stessa pista e che si trovi anche lui, da qualche parte, sulla stessa arca.
Nel frattempo sull’arca del Polo, la piccola Vittoria, la figlia di Berenilde e dello spirito di famiglia Faruk, comincia a esercitare i suoi sorprendenti poteri, all’insaputa di tutti.
La terza parte della saga dell’attraversaspecchi si concentra quasi esclusivamente sul personaggio di Ofelia mentre la maggior parte degli altri personaggi, precedentemente introdotti, o scompaiono dalla scena o sfumano sul suo sfondo. Lo stesso Thor, fine ultimo delle peregrinazioni di Ofelia, appare solo a metà del libro in posizione defilata oltre che piuttosto incolore, almeno sin quasi alla fine. Se il primo libro può essere considerato solo una lunghissima, non esaltante premessa alla vicenda complessiva e nel secondo le cose comincino a muoversi, anche con l’innesto di una vicenda gialla che movimenta l’azione, in questo si riprendono gli schemi precedenti (enigmi investigativo e “teologico” compresi), solo mutando l’ambientazione e le situazioni con cui la protagonista deve confrontarsi, ma senza che le personalità dei vari attori del dramma ottengano una maggior caratterizzazione o la vicenda, oltre che complicarsi, riesca pure a svilupparsi in modo più soddisfacente. Infatti troppe situazioni soffrono del non detto e troppe domande rimangono senza risposte.
La prima generale impressione che si riceve dalla lettura è che la saga continui a essere dedicata soprattutto a un pubblico giovanile in grado di accogliere con noncurante condiscendenza ogni più fantasiosa invenzione, anche quelle che paiono sfidare apertamente il naturale senso di incredulità del lettore, e meno pignolescamente si faccia domande sulla perfetta coerenza logica dell’intreccio.
A ben vedere, però, più che in passato, sono proposti temi che meriterebbero una profonda meditazione.
Ofelia, anche in questo episodio è chiamata a essere il punching-ball della situazione; il bersaglio contro il quale si sfogano tutte le tensioni di questo distopico mondo, lacerato in una miriade di isole fluttuanti nello spazio. Se nel primo romanzo era stata bersaglio dei soprusi degli aristocratici e delle invidie e sgarberie dei colleghi servitori, e nel secondo aveva assaporato sulla sua pelle la crudeltà che pervade la vita di corte del Polo, qui sarà oggetto del più becero bullismo scolastico e, forse, il riproporsi di situazioni comunque simili alle precedenti risulta alla fine un po’ stucchevole e irritante: possibile che quella benedetta ragazza non riesca mai a difendersi efficacemente?
Ma la circostanza che maggiormente attira l’attenzione è la denuncia (non è chiaro quanto voluta o semplicemente conseguenziale) delle pulsioni verso il “politicamente corretto”, esasperato sino all’eccesso, che possono generarsi in una società solo esteriormente libera e paritaria. Babel, infatti, è un mondo afflitto da malsani pacifismo e buonismo, malsani in quanto cercano assurdamente di negare pure l’evidenza dei fatti, spogliando chi è costretto ad adeguarsi di ogni possibilità di autodifesa contro i soprusi, occulti, ma non meno pervasivi, di chi opprime. Questa politica soffocante e dittatoriale impone addirittura, in una sorta di riforma neo-linguistica di orwelliana memoria, la rimozione di ogni riferimento lessicale a conflittualità e contrasti, senza, ovviamente, riuscire a eradicarli dall’animo degli uomini. In pratica in quell’arca vige un “onestismo coatto” che, per certi versi, appare più dannoso di una società priva di regole. Ciò che fa riflettere è la costatazione che, in fondo, non si tratta che di un’immagine, distorta e distopica, di tendenze ben presenti pure nel nostro mondo reale.
L’aver concentrato la narrazione solo sul personaggio di Ofelia, però, impoverisce la storia che, invece, proprio per l’ambientazione scelta, poteva avere ben altri (interessanti) sviluppi, anche di tipo sociologico. Pure i nuovi personaggi introdotti, che potrebbero avere risvolti stimolanti da scoprire, appaiono spesso come comparse secondarie non ben caratterizzate, mentre potrebbero contribuire ad approfondire i temi che la società babeliana suggerirebbe.
Per quanto attiene allo stile narrativo, esso resta scorrevole, ma, tutto sommato, un po’ povero e semplice, adatto, per l’appunto, a un pubblico giovanile.
In definitiva, or che si è giunti ormai a tre quarti della saga, si resta ancora col dubbio che ci sia troppo di insoluto e non adeguatamente sviluppato. Cioè che l’A., per una sorta di timidezza letteraria, abbia omesso di sviluppare adeguatamente la sua costruzione, per certi versi geniale. E questo, forse, è il peccato più grave del libro.