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Laia ed Elias in fuga dall’Impero
Questo è il secondo romanzo della serie fantasy iniziata con “Il Dominio del fuoco” e ambientata dalla Tahir nell’immaginario mondo di Serra e del suo spietato e inumano impero dominato dai crudeli Marziali ai danni degli altri popoli: i Dotti, i Tribali, i Marinniani.
Al termine del primo romanzo avevamo lasciato il marziale Elias Veturius e la dotta Laia in fuga. Lui, dopo essersi diplomato Maschera (cioè soldato d’élite dell’impero) e aver volutamente perso le selezioni che l’avrebbero designato addirittura imperatore, è stato condannato a morte proprio per aver rifiutato, nell’ultima prova, di uccidere Laia. Lei, in compenso, da mesi cerca disperatamente di liberare suo fratello Darin dalla terribile prigione di Kauf dove è rinchiuso e torturato in quanto sospettato di collusione con la Resistenza e d’aver trafugato il segreto delle armi che rendono i Marziali invincibili. Tra i due giovani, spinti dalla necessità ad allearsi, potrebbe pure sorgere un sentimento più profondo, ma gli ostacoli da superare sono tanti, forse troppi.
Comunque, dopo molte peripezie e rischi, riescono a fuggire dalla città fortezza di Serra. Però debbono affrontare un difficilissimo viaggio tra terre ostili, popolate da démoni e con condizioni estreme, sempre inseguiti dai soldati imperiali ai quali, ora, è stata posta al comando Helena Aquilla, l’amica d’infanzia di Elias, quella che lo conosce meglio di chiunque altro; colei che l’ha salvato dalla morte; che lo ama in modo disperato. Ora è divenuta Averla Sanguinaria, cioè capitano della Guardia Nera e, come capo del braccio esecutivo dell'Impero, è la seconda autorità dello Stato, inferiore solo all'Imperatore. Ma proprio quest’ultimo, lo spietato e folle Marcus, le ha ordinato di scovare Elias, torturarlo e ucciderlo; pena per l’insuccesso: la morte per tutta la sua famiglia. Inoltre la Gens Aquilla è “fedele sino alla fine”! Quindi non le restano altre vie da percorrere.
L’impresa di Laia ed Elias appare disperata: le terre pullulano di militari alla loro ricerca; la prigione fortezza di Kauf è impenetrabile, nessuno è mai evaso da lì; inoltre il giovane marziale, nell’ultimo duello con la madre Keris Veturia, la terribile Comandante dell’Accademia militare di Rupenera, ha subito una ferita che potrebbe portarlo a morte in breve tempo. Come farà a rispettare la promessa fatta a Laia?
Con questo romanzo la scrittrice americana di origini pakistane ci riporta nel terrificante mondo di sua invenzione dove dominano la paura, la sopraffazione e la morte. Con una prosa incalzante e metodica le tre voci narranti (Elias, Laia, Helena) ci raccontano, nel modo partecipato e intenso che si può ottenere coll’esposizione in prima persona, delle loro tribolazione, angosce, desideri e speranze mentre affrontano i pericoli di un ambiente ostile e feroce, dove raramente c’è posto per la pietà e l’amore; e quand’anche questi sentimenti facciano capolino, sono pesantemente condizionati dalle esigenze immediate di sopravvivenza.
Se possibile l’atmosfera, già cupa e tenebrosa nel primo romanzo, si ottenebra ancor di più, con Elias che dialoga di morte con la Traghettatrice di Anime; con l’uccisione indiscriminata anche di personaggi importanti mentre le continue stragi inondano di sangue tutte le città dell’Impero.
Più che nel primo libro è presente anche l’aspetto fantastico, che condiziona pesantemente (forse sin troppo) il finale. Ma la cosa che più colpisce continua a essere l’asprezza delle situazioni che, ahimè, potrebbero ben appartenere pure al mondo reale.
Si è scritto che l’A. si sarebbe ispirata all’Impero romano. L’affermazione mi suscita più di una perplessità, perché mai Roma si comportò in un modo così brutalmente stupido: la sua società fu sostanzialmente ecumenica e multietnica con scarsissime discriminazioni, compatibilmente con l’epoca. Piuttosto è difficile non far volare la mente alle condizioni in cui oggi versano molti popoli asiatici (mi vengono in mente quello afghano, ma pure i Rohingya in Birmania e Myanmar) e in altre parti del mondo dove le crudeltà, che nel libro vengono perpetrate dai marziali, sono realtà dannatamente più concrete e quotidiane. Tra l’altro il fatto che l’A. sia di origini pakistane non aiuta a trasportare le vicende in un più tranquillizzante mondo immaginario, anzi. E ciò rende la lettura ancor più angosciosa.
Il libro, ufficialmente, è classificato come letteratura per “young adults”, ma ritengo che il lettore adulto (e non più tanto young) possa apprezzare ancor di più le situazioni narrate.
Discreto lo stile, fluido e di buona leggibilità, anche se, talvolta, risulta un po’ ripetitivo o retorico: confesso che alla ventesima volta in cui un personaggio stringe la mano a pugno “fino a far sbiancare le nocche” ho provato un moto di stizza. Possibile che non ci siano altre metafore? Mi sono imposto di non verificare la corretta successione logica degli eventi, anche se ho il sospetto che, a un'analisi pignola, non tutto si incastrerebbe a dovere.
Tuttavia, a parte qualche ingenuità ed eccesso, le atmosfere sono ben rese, la storia coinvolge e complessivamente il romanzo è gradevole. Quella plumbea cappa di angoscia che lo avvolge costantemente non ne fa una lettura piacevolissima, ma sicuramente appassionante e stimolante.