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«Dal simile al simile»
La nuova frontiera del fantasy, stando alle uscite più recenti e di maggior successo, sembra essere non tanto creare una storia nuovissima o molto originale. Nella maggior parte dei casi le trame non sono tanto diverse l’una dall’altra: una serie di regni in guerra tra loro o minacciati da un cattivo o da un pericolo di vario genere e l'eroina o eroe della situazione chiamato a salvare il mondo in virtù della sua discendenza, dei suoi poteri particolari, delle sue capacità o qualcosa del genere. Su questo schema di base possono innestarsi infinite varianti e non è affatto detto che queste storie finiscano con l'essere noiose o tutte uguali, ma in sostanza non ci si allontana mai troppo da questo scheletro narrativo. D'altronde, non si può negare che ormai è già stato detto, se non tutto, almeno quasi tutto e inventare una trama completamente, totalmente originale diventa sempre più difficile.
L'aspetto sul quale gli autori sembrano concentrarsi maggiormente è invece l'ambientazione, il setting in cui si colloca la storia, che sempre più spesso si basa su epoche storiche, paesi o contesti culturali reali, autentici, sui quali si innesta un sistema magico, con maghi e streghe, creature fantastiche, miti completamente inventati, incantesimi e compagnia. "La città di ottone", uscito nel 2017, è ambientato in Egitto nei primi anni dell'Ottocento, "La stirpe della gru" (2019) nella Cina medievale, mentre "La grazia dei re" (2015) preferisce l'Oriente dell'età moderna e "La guerra dei papaveri" (2018) è ispirato alla seconda guerra sino-giapponese.
"Tenebre e ossa", primo capitolo di una trilogia, esce nel 2012, quando la narrativa fantasy è ancora dominata dall'urban fantasy (soprattutto dai romanzi in stile "Twilight") e affiancata dalla distopia, come "Hunger games", il genere forse di maggior successo in quel periodo. "Tenebre e ossa" fa qualcosa di diverso e diventa un vero e proprio apripista per le tendenze future: il Grishaverse creato da Leigh Bardugo è ispirato alla Russia zarista dell'Ottocento, un'ambientazione già di per sé originale e piena di fascino che l'autrice arricchisce con un sistema magico molto interessante e ben sviluppato.
Nelle sue linee generali la trama non è poi tanto diversa da tante altre: Alina Starkov è la solita ragazza qualunque, abituata a passare inosservata perfino agli occhi del ragazzo di cui è innamorata da quando era bambina, fino al momento in cui scopre di possedere un potere unico, eccezionale, che forse può salvare Ravka, il suo paese, dall'annientamento. Il contesto, però, è originale e soprattutto molto ben costruito. Il world building è forse l'aspetto più importante quando si giudica un romanzo fantasy, ma non è affatto scontato che sia il più curato. Il Grishaverse ha tutto il fascino dell'impero russo ottocentesco e in più è articolato in un sistema magico strutturato e dettagliato, dotato di regole precise e complesse, gerarchie, miti, leggende, addirittura santi. Lo stesso territorio di Ravka non è soltanto un nome, ma ha le sue città, i suoi costumi, la sua cultura, ed è un vero e proprio specchio fantasy del mondo russo. Leggendo Tenebre e ossa si entra letteralmente in un mondo vivo, pulsante, dal quale non si vorrebbe mai uscire.
La figura centrale dell'universo magico di Ravka è il Grisha, un essere che definire mago o strega sarebbe riduttivo e sbagliato, perché non agita bacchette e non fa incantesimi, ma sfrutta la capacità di evocare a sé e manipolare gli elementi della natura (il vento, l'acqua, il fuoco, l'oscurità, la luce e così via). Il grisha dunque non può "creare", e anzi la creazione dal nulla è severamente proibita a chi pratica la Piccola Scienza (così si definiscono le pratiche Grisha), ma può solo chiamare a sé ciò che già esiste nella natura e sfruttarlo o manipolarlo. Ne deriva un sistema magico non soltanto originale e affascinante, ma anche sobrio, pulito, elegante, privo di quegli eccessi che a volte possono risultare infantili o un po’ ridicoli.
È questo il mondo nel quale Alina è praticamente costretta a entrare dopo aver scoperto quasi per caso di possedere un dono che può ribaltare le sorti del suo paese. La sua vita cambia completamente, inizia a studiare per imparare a controllare e indirizzare il suo potere, ma soprattutto entra in stretto contatto con l'Oscuro, il Grisha più potente di Ravka e comandante dell'esercito dei Grisha. L'Oscuro è un personaggio difficile da definire se non come un insieme di spinte contrastanti: luce e ombra, passione e dovere, protettività e ferocia, cuore e mente, orgoglio di essere al di sopra di chiunque altro e bisogno di sconfiggere la solitudine che ne deriva. Una figura in apparenza lontanissima da Alina, la povera orfana senza nulla al mondo se non il suo amico Mal, e dalla vita che lei ha condotto fino ad allora, ma forse molto più vicina a lei e ai suoi desideri, nel profondo, di quanto Alina stessa possa immaginare. «Dal simile al simile», recita uno dei principi di base della Piccola Scienza e in un certo senso descrive anche la parabola compiuta dalla protagonista, che torna al mondo al quale appartiene di diritto, quello dei Grisha. Senza mai sfociare nel romance o in un banale triangolo sentimentale, Bardugo chiama in causa qualcosa di molto più potente dell'amore sentimentale: la natura umana più profonda e imperscrutabile, che ci chiama verso ciò che più le somiglia e che Alina dovrà imparare a conoscere se vuole una possibilità di salvare non soltanto Ravka, ma anche se stessa.