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Le novelle finiranno tra 3, 2, 1...
Ero molto indecisa sul voto da assegnare a questo libro, perché alcune parti sono state estremamente interessanti e piacevoli da leggere, ma come primo romanzo effettivo della serie non credo abbia svolto al meglio il suo compito. Questo perché "Il Sangue degli Elfi" è fin troppo simile alle novelle, dalle quali dovrebbe invece distaccarsi per iniziare a raccontare una storia più omogenea; quella che abbiamo qui è praticamente una nuova raccolta, con episodi distinti dai lunghissimi capitoli. E pensare che nell'ultima recensione scritta, quella per "Blanca & Roja", mi ero lamentata dei capitoli troppo brevi!
Come conseguenza di questa divisione, anche la trama è frammentata e individuare il filone principale che sarà poi il fulcro della serie non è così immediato. Inizialmente vediamo Cirilla "Ciri" a Kaer Morhen impegnata ad allenarsi con gli altri strighi, poi seguiamo i vari spostamenti di Geralt mentre dei nuovi antagonisti sono sulle sue tracce e scopriamo qualcosa di più sulla situazione politica dei vari regni, nella parte finale si ritorna all'addestramento di Ciri ma in questo caso con Yennefer per imparare a controllare la sua innata predisposizione alla magia.
Il passaggio da una storia all'altra si percepisce nettamente e scombussola un po', così come le parti in cui la narrazione sembra interrompersi per fare spazio ad alcuni fastidiosi info dump. Infatti, se da un lato il romanzo ci fornisce nuove informazioni utili -soprattutto sul ruolo degli strighi e la loro organizzazione- risulta snervante leggere pagine e pagine in cui personaggi secondari appena introdotti disquisiscono sulle faide tra i vari Stati o sugli antagonismi interni al Capitolo dei maghi. Il tutto contornato da una grandinata di nomi astrusi che si dimenticano dopo mezza riga, e potrebbero rivelarsi poi di vitale importanza, come anche no.
Delle spiegazioni più dettagliate non guasterebbero invece nelle scene in cui vediamo Ciri apprendere le tecniche di combattimento e gli incantesimi, ma proprio in questi passaggi Sapkowski ricorre a dei lunghi dialoghi fatti di botta e risposta cosicché il povero lettore deve capire da solo quali gesti stia facendo la ragazza o su quale attrezzo si stia esercitando. Ormai ho capito che questo è un tratto distintivo dell'autore, e devo ammettere di averci fatto un po' il callo, oltre a trovare divertenti i piccoli twist che inserisce alla fine dei dialoghi.
Nel romanzo hanno ampio spazio la crescita del personaggio di Ciri e il suo rapporto con i mentori Geralt e Yennefer. La ragazzina ricalca uno stereotipo abbastanza comune, ma alcune sue battute sono molto intelligenti e nel complesso sono riuscita a non trovarla quasi mai irritante; la sua inesperienza del mondo è inoltre un ottimo escamotage per introdurre molti dettagli sconosciuti al lettore. Per quanto riguarda lo strigo, qui l'ho trovato ancor più fastidioso rispetto alle novelle, e mi sono chiesta seriamente cosa trovi ogni singolo personaggio femminile di tanto affascinante in lui; anche il suo modo di relazionarsi a Ciri non mi ha fatta impazzire. Con Yennefer invece è tutto un altro paio di maniche: lontano da Geralt, il suo personaggio ha avuto lo spazio per mostrare tutto il suo potenziale, in particolare il suo sarcasmo è finalmente sfruttato per qualcosa che non sia un punzecchiamento amoroso.
Che dire poi del meraviglioso rapporto che la maga instaura con Ciri? i dialoghi tra loro sono di una tenerezza unica, pur rimanendo sempre brillanti e pungenti. E, da soli, hanno saputo risollevare questa lettura.
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