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Una Casa grande come il Mondo
Una casa (anzi Casa, con la "C" maiuscola) sterminata, dove si susseguono, innumerevoli, Saloni e Vestiboli (anch'essi con l'iniziale maiuscola) grandi come piazze e alti come cattedrali; tutti fittamente riempiti di statue come sale museali. Una Casa dove Scalinate monumentali portano ai livelli inferiori, ove l’Oceano irrompe con imponenti onde di marea che travolgono ogni cosa; o risalgono a quelli superiori con le nuvole che penetrano nelle sconfinate aule offuscandole in dense coltri nebbiose e, talvolta, scaricando in esse violenti acquazzoni.
Le numerosissime statue che gremiscono le sale sono una presenza incombente e, al tempo stesso, tranquillizzante, nelle loro immote ed eterne posture. Alcune sono di dimensioni ciclopiche, altre a misura d’uomo; alcune sono immobilizzate in atteggiamenti sereni, in gesti quotidiani, in posture ieratiche; altre si contorcono in pose orrorifiche o strazianti.
Questo ambiente fantastico e inquietante è il luogo ove vive Piranesi, un giovane che dedica tutto il suo tempo alla ricerca, allo studio della Casa, da lui assunta a vera divinità protettiva della sua stessa esistenza. Non sa da quanto tempo si trovi lì: non ha memoria di una vita precedente. Abita lì da anni, da decenni, da una vita intera? I suoi diari retroagiscono solo di sei, sette anni. Lui, però, si è perfettamente adattato alla Casa. Ne ha esplorato centinaia di Saloni in ogni direzione. Li ha catalogati, se n'é fatta una mappa mentale perfetta. Si è avventurato pure nei pericolosi livelli inondati e in quelli superiori. Trae il proprio nutrimento da ciò che Essa gli offre: pesci e alghe. Dialoga con gli uccelli che la abitano. È l’unico umano (vivente) presente in quei luoghi; l’unico assieme all'Altro, un uomo di mezza età, taciturno, sfuggevole, sempre elegantemente vestito. A cadenze settimanali incontra Piranesi in uno dei Saloni centrali. Pare che si dedichi a un diverso tipo di ricerca verso una non meglio chiarita Conoscenza superiore. Si avvale delle esperienze, ormai enciclopediche, di Piranesi su quell'infinito labirinto che è la Casa.
Ad un tratto, però, nella Casa compare un’altra presenza, inizialmente occulta e solo ipotizzata, ma, ben presto, molto più concreta e immanente. Si tratta di 16; così, almeno l’ha chiamata Pirantesi, perché sarebbe la sedicesima persona di cui ha contezza (le altre tredici, però, sono solo povere ossa sbiancate dal tempo). 16 è un nemico? Una minaccia letale, come afferma l’Altro? Odia davvero la scienza e si promette di fare impazzire lui e uccidere l’Amico? Quali sono le sue losche mire?
In un accelerarsi di accadimenti ci vengono svelati, con studiata calma da pokerista, gli antefatti, i complicati retroscena, i rapporti che legano tutti i protagonisti, forse anche i Morti, sino a un finale che toglie il fiato e lascia un melanconico languore.
Quando sono giunto a leggere le ultime parole di “Pirantesi” l’unico commento che sono riuscito ad articolare è stato solo un “Oh!” a bocca piena con le labbra a disegnare un cerchio perfetto. Un “oh” di ammirazione, di stupore e di meraviglia e, perché no, di commozione sincera, mista a un affetto empatico per il protagonista.
La costruzione della Clarke è fascinosa e avvincente allo stesso tempo: un viaggio in un sogno a occhi aperti, in un luogo dove spazio e tempo hanno un significato davvero relativo e dove le visioni che evoca sono immaginifiche, talvolta terribili, sempre affascinanti.
Il libro è un sapientissimo cocktail di elegante fantasia, di spettacoli onirici, di immagini fantasma rubate alla storia dell’arte, di filosofia, di thriller, di poesia e magica invenzione. Ma è anche un gioco, una specie di enigma che ci spinge, assieme a Piranesi (anzi al posto suo, impossibilitato com'è, lui, dalla sua pervasiva dimenticanza del passato), a scoprire quali arcani misteri si celino in quegli ambienti incredibili, al limite della più sfrenata immaginazione, che, proprio perciò, noi possiamo solo intuire.
Le domande che ci vengono incessantemente poste sono: qual è il senso di tutto ciò? Dove si trova la Casa? Come ci si giunge? Chi è l’Altro? E il Profeta? E 16? E Piranesi, chi è davvero? Anche il suo nome, inventato con una certa dose di malvagio sarcasmo dall'Altro, evoca le conturbanti e seducenti “Carceri d’invenzione” dell’omonimo incisore veneziano del XVIII secolo, tanto simili ai Saloni della Casa, ma il personaggio è un rompicapo che neppure il finale ci aiuterà a risolvere totalmente.
La storia, tutta giocata sulla lettura dei diari di Piranesi, ove il giovane annota con puntigliosa precisione i suoi pensieri e ciò che gli accade, segue cadenze impeccabili, che tengono perfettamente desta l’attenzione senza stravolgere il fluire del tempo in quel Mondo fatto di marmi eterni, perennemente congelati nei loro gesti. Le sue considerazioni, ingenue come quelle di un fanciullo, ci commuovono e ci ispirano, ma, alla fine, ci conducono alle medesime conclusioni che lui stesso trarrà da quella sua incredibile avventura e che si faticherà a non fare proprie.
In definitiva “Piranesi” è un piccolo capolavoro, e dico piccolo unicamente perché è lungo solo 260 pagine; ma anche poche di più sarebbero state superflue se non dannose.
Giunti al termine, l’unico rimpianto che ci rimane è che, nella nostra realtà, non esista davvero una Casa in cui rifugiarsi quando si è tristi e stanchi, un posto in cui, come dice Piranesi, la Bellezza sia incommensurabile e la Gentilezza infinita; un luogo dove poterci illuminare di un’immensità esaltante e ristorarci in una pace consolatrice.
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Sono stato a lungo incerto se inserire questa osservazione per l’angolo del pignolo. Il libro mi è piaciuto così tanto che mi era sembrato ingiusto sollevare un’obiezione che lo rendesse meno desiderabile. Ma, ragionandoci sopra, sono giunto alla conclusione che come la Cappella Sistina rimarrebbe un’opera mirabile anche se, in un angolo, ci fosse uno sbafo di tinta a rovinare un piccolo particolare, così, si parva licet componere magna, anche questo libro non sarà sminuito dal mio piccolo appunto.
Comunque questa nota può tranquillamente essere ignorata.
Il libro esordisce con questa cronologia: “Annotazione per il primo giorno del quinto mese dell’anno in cui l’albatross…”. Solo venti pagine dopo si legge “Questo diario inizia nel quinto giorno del quinto mese dell’anno in cui…”. Questa discrepanza inizialmente mi ha un poco indispettito, facendomi temere una imperdonabile negligenza nell’A. In seguito si possono rilevare altre incongruenze temporali che comprimono troppe attività (o troppi giorni) in intervalli cronologici dichiaratamente inferiori.Dopo l'iniziale fastidio, ragionandoci sopra, mi sono reso conto che il tempo è un concetto di per sé estraneo alla Casa. Inoltre, nella quasi totalità, i vari riferimenti temporali e spaziali sono pressoché perfetti, quindi questi “scivoloni” non incidono neppure minimamente sul contenuto complessivo e sulla piacevolezza della storia narrata.
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Consiglio a tutti di andarsi a guardare le stampe di Piranesi (l'incisore) e confrontarle con le sale descritte nel racconto. In fondo quello è il punto di partenza della storia.
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