Dettagli Recensione
BELLO, ANCHE UN PO' DI PIÙ!
Quadrilogia composta da “Fidanzati dell’inverno”, “Gli scomparsi di Chiardiluna”, “La memoria di Babel” e “Echi in tempesta”; proverò a farne una recensione di gruppo senza spoiler.
Intanto c’è da dire che questa saga è unica nel suo genere, sul retro di copertina vengono fatti paragoni con Hunger Games, Harry Potter, Twilight. Io non ho trovato nulla di tutto ciò (men che meno Twilight, per fortuna!), ma durante la lettura i richiami ad altro ci sono stati. Non sto dicendo che sia una scopiazzatura di altri romanzi, sto dicendo invece che non assomiglia a nulla che io abbia già letto.
Tanto per cominciare, la scrittrice ha fatto un lavoro di worldbuilding davvero notevole: un mondo Lacerato, scisso in Arche in cui in ognuna il popolo discende da uno Spirito di Famiglia. La gente di ogni Arca ha dei poteri derivati da quelli del proprio Spirito di Famiglia e ogni casata o clan ha poi sviluppato una “specializzazione” di quel potere. Non solo, ogni popolo ha le sue leggi, la sua politica, la sua inflessione linguistica, la sua moda, la sua cultura.
È in questo luogo che la Dabos ha inserito tantissimi personaggi, ognuno ben caratterizzato, ognuno con un ruolo da giocare, ognuno con un potere e una discendenza.
In primis c’è Ofelia, un’animista (abitante dell’Arca di Anima), una ragazza piccola sia di statura sia di importanza. Lei stessa non si ritiene una persona degna di essere notata. Perciò quando viene scelta dalle Decane per sposare uno sconosciuto di un’altra Arca, Ofelia resta parecchio spiazzata.
Perché lei? E soprattutto chi è costui che deve sposare?
Dopo qualche capitolo il lettore (e Ofelia) fa la conoscenza di Thorn, un uomo dall’indole gelida quanto l’Arca cui appartiene, il Polo. La giovane animista verrà controvoglia catapultata a Città-Cielo (città che fluttua sopra le gelide terre del Polo), dove si troverà nel bel mezzo di una faida tra clan per ingraziarsi lo Spirito di Famiglia Faruk, e scoprirà che lei stessa è un tassello fondamentale di un piano ben più ampio del freddo e spilungone Thorn.
Le vicende si susseguono tra omicidi, scomparse, amici che sembrano nemici, nemici che sembrano amici, ambiguità, finzione, illusione, tanto che Ofelia (e il lettore) si troverà a dubitare di chiunque incontri nella sua strada. Può fidarsi del tanto affascinante quanto pezzente Archibald, ambasciatore di Città-Cielo? O della meccanica Gaela e del valletto Renard? O di Berenilde, zia di Thorn? O dello stesso Thorn?
Città-Cielo sembra un covo di vipere e Ofelia c’è dentro fino al collo.
Ma il Polo non è l’unica Arca che la protagonista visiterà.
Nel terzo romanzo la scena si sposta su Babel, dove gli Spiriti di Famiglia sono i gemelli Helena e Polluce e dove vigono leggi ben più restrittive di quelle del Polo; se in quest’ultimo infatti sembrava non ci fossero regole e limiti, a Babel sono invece ferrei: dal come vestirsi al come comportarsi. E ovviamente appariranno nuovi interessantissimi personaggi, come Octavio, Ambroise, Elizabeth, Mediana, Seconda, i Genealogisti e Lazarus, uno dei tanti personaggi ambigui che già aveva fatto la sua comparsa a Città-Cielo. Ma non temete, coloro che erano presenti nei libri precedenti non verranno dimenticati!
Senza aggiungere altro alla storia, dedico qualche riga per dire che:
- mi è piaciuto molto il percorso della protagonista, che dal sentirsi insignificante prende coscienza di sé e del suo ruolo, diventando indipendente e forte;
- mi è dispiaciuto che nei libri 3 e 4 ci sia stato poco spazio per alcuni personaggi e soprattutto mi aspettavo un maggior ruolo per Vittoria (non scrivo chi sia per non fare spoiler, lo scoprirete solo leggendo);
- molte domande sono rimaste anche dopo aver letto l’ultima pagina dell’ultimo libro e, confesso, molte cose le ho trovate un po’ intrecciate per riuscire a capirle appieno. Ho dovuto prendere appunti e non è bastato per avere un quadro chiaro della situazione.
In conclusione, una saga a mio parere bella, con un finale che lascia un po’ d’amaro in bocca, molti non detti e molti interrogativi, ma non per questo non merita di essere letta.
È scritta benissimo, la lettura è scorrevolissima, le descrizioni sono spettacolari e cinematografiche. La Dabos ha la capacità di far apparire questo mondo fittizio davanti ai nostri occhi usando le giuste parole. Ve ne innamorerete fin dal primo capitolo dove descrive l’archivio dello zio di Ofelia.
Amerete i personaggi (tutti! Nessuno escluso. Io ho amato alla follia Archibald: la sua ambiguità, il suo percorso, i suoi poteri familiari che lo rendono ciò che è), scoprirete luoghi affascinanti e spaventosi (mi è piaciuta molto Chiardiluna e il suo stile steampunk che mi ricordava molto “La Città Incantata” di Miyazaki), sarete curiosi di scoprire quale sarà il destino di Ofelia e di tutte le Arche… perché un giorno in cui era di pessimo umore, Dio ha commesso un’enorme sciocchezza e ha fatto a pezzi il mondo. Ma oggi Dio dov’è? Chi è? Cosa c’entra Ofelia in tutto questo?
Consiglio per la lettura: sappiate che ogni singola cosa che viene detta NON È casuale. Neanche quella che vi sembrerà troppo strana per avere un senso logico.
Volume preferito: “Gli scomparsi di Chiardiluna”.
P.S.: ne approfitto per chiedere se qualcuno può consigliarmi qualche bel romanzo di ambientazione steampunk. Ho visto su questa piattaforma che “Leviathan” di Scott Westerfeld ha belle recensioni, mentre “Alice nel paese delle vaporità” di Francesco Dimitri non sembra granché. Conoscete altro?