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La guerra che non ti abbandona
Un soldato dal grandioso avvenire, una strega dotata di incredibili poteri ed una splendida principessa che attende di essere salvata. Tutti elementi ricorrenti nelle fiabe classiche, ma ad essi si somma la volontà di una scrittrice di parlare della guerra, quella vera, sanguinosa e feroce; e di racchiudere il tutto in una storia dai risvolti fantastici, seppur saldamente ancorata alla realtà.
Da queste premesse nasce la rivisitazione de “L’acciarino magico” (o, semplicemente, “L’acciarino” in alcune traduzioni) firmata da Sally Gardner. “Tinder” riprende in toto il racconto del 1835, ma vi aggiunge un’ambientazione ben definita e parecchi personaggi. L’autrice si è presa inoltre la libertà di reinventare o soltanto approfondire alcuni dei personaggi già presenti nella fiaba originale.
La parte iniziale riprender fedelmente la fiaba di Hans Christian Andersen, con un soldato di umili origini, a cui per l’occasione viene assegnato il nome di Otto Hunderbiss (ossia “morso di cane”, in tedesco), in fuga dalla guerra; la Gardner ha scelto di collegare la storia ad un evento reale, ovvero la Guerra dei Trent’anni, forse meno nota di altri conflitti storici ma non per questo incapace di influenzare sensibilmente gli eventi successivi.
Mentre vaga nei boschi, Otto si imbatte in varie figure bizzarre: per prima incontra la Morte, accompagnata dal suo silenzioso esercito di anime, poi è la volta del mezzo-bestia mezzo-uomo che, come la più inaspettata delle fate madrine, lo aiuta a rimettersi in forze e gli dona dei dadi magici con il potere di indicare la direzione verso cui viaggiare; infine, il protagonista finisce nell’accampamento di due mercenari dal peculiare aspetto, ed è in questa occasione che vede per la prima volta uno dei lupi mannari, padroni incontrastati della foresta.
Durante i suoi vagabondaggi, Otto incontra anche la bellissima Safire, una fanciulla in fuga che cela la sua identità sotto abiti maschili, della quale si innamora istantaneamente. Nelle successive avventure, il soldato si prefiggerà come fine sempre coronare il suo sogno d’amore, tra pericoli sia reali, come il popolo esasperato dai continui attacchi dei lupi mannari, sia magici, come la potente Dama dell’Unghia.
Uno degli aspetti che maggiormente valorizza il romanzo è la riscrittura dei personaggi principali. Otto è ben lontano dal coraggioso eroe di Andersen, anzi a più riprese si dimostra un pavido codardo e quanto accade nel finale ne è la prova lampante: il protagonista non è disposto a rinunciare alla sua felicità in modo altruistico, quindi il fato interviene a pareggiare i conti. Fino all’ultimo, ad Otto viene offerta l’occasione di essere un vero eroe, ma lui si rivela solo un uomo tormentato dal tragico passato.
La Dama dell’Unghia è invece il personaggio più fedele alla sua controparte fiabesca, mostrandosi fin da subito come la strega assetata di potere che è; a renderla interessante sono il misterioso aspetto e il maggior sviluppo caratteriale.
Safire, soprannominata Tinder (da qui il titolo del romanzo), è colei che ha subito i cambiamenti più significativi. E il risultato è affascinante: da indifesa e passiva principessa, passa ad essere una ragazza coraggiosa ed indomita, che senza esitazione scappa dalla sua prigionia o risponder per le rime ad un principe arrogante.
L’autrice ha reinventato in parte anche il mito dei lupi mannari, infatti qui la licantropia non è associata alla luna piane o ad un morso contagioso, bensì gli uomini si trasformano in lupi- pur rimanendo senzienti e dotati dell’uso della parola- dopo aver indossato delle magiche cinture fabbricate con la pelle dei condannati a morte.
È stato proprio la presenza dei licantropi a farmi pensare inizialmente a “Cappuccetto Rosso Sangue” di Sarah Blakley-Cartwright, ma fortunatamente le affinità con quel romanzo terminano qui; molti più aspetti in comune si evidenziano tra questo volume e la raccolta “Il bacio della strega” di Emma Donoghue: in entrambi i casi delle fiabe vengono riscritte con l’intento di attualizzarle ed evocando delle atmosfere cupe e suggestive.
Il più evidente intento dell’autrice è la decisa critica della guerra, qui trattata con piglio decisamente contemporaneo, sebbene si parli di un evento di quasi quattrocento anni fa. Ben più velata è la riflessione sul potere, che riguarda in primis il protagonista ma anche i lupi mannari, incapaci di rinunciare alla loro forza.
La narrazione è diretta e minimale, ma a tratti si arricchisce grazie a metafore originali, descrizioni vivide e i molti riferimenti ai miti dell’antichità greco-romana, sebbene questi svaniscano nella seconda metà.
Le illustrazioni di David Roberts si accordano perfettamente alla storia e accompagnano la lettura. Caratteristica la scelta dei colori atta ad evidenziare un solo elemento sullo sfondo sfocato.