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Ma c'è anche Prue?! Allora è proprio "Streghe"
Negli ultimi anni una vera e propria epidemia sta contagiando la maggior parte degli scrittori, in ogni Paese del globo terracqueo, e il suo nome è Trilogia! O Saga, nella forma più acuta.
Sia ben chiaro: questa piaga prolifera da tempo immemore, si pensi per esempio alla trilogia dei Moschettieri di Dumas o alla tetralogia di Piccole Donne della Alcott; il problema è diventato evidente quando da comune malattia che colpisce pochi individui per volta, la Trilogia ha iniziato a mietere vittime ad un ritmo incessante. Ora è il momento per preoccuparsi.
Di recente sembra infatti che gli autori vengono quasi obbligati a spezzettare i propri lavori in minimo due o tre volumi. La motivazione è logicamente economica, ma il risultato è un libro -magari valido- trasformato in tanti libri scadenti. La terribile Trilogia si potrebbe anche tollerare, non fosse per alcuni autori (tra i quali sono costretta ad annoverare la cara Spotswood) che non hanno la capacità per gestire una serie di libri e neppure l’inventiva per ideare delle trame credibili e ricche di eventi.
Mi rendo conto di sembrare molto dura, ma dopo aver letto la storia delle sorelle Cahill mi sono accorta che ogni nuovo volume andava ad annullare il precedente. Se “Wicked” era in gran parte incentrato sui tentativi di Cate di proteggere le sorelle dalla Sorellanza (gioco di parole inevitabile), in “Cursed” tutto ciò viene dimenticato, perché si scopre che quest’ultima non è affatto l’anticristo paventato, anzi: qui la protagonista incontra le sue future alleate e mette più volte al riparo Maura e Tess. Ricordate poi che “Cursed” ruotava attorno all’evasione del manicomio di Harwood e terminava con Finn, a cui Maura aveva cancellato i ricordi? Be’, cancellate anche voi i vostri: infatti in capo a pochi giorni le evase vengono nuovamente catturate -e nuovamente liberate- e Finn si rinnamora di Cate.
In “Fated” l’autrice mette molta altra carne al fuoco, dimentica di essere all’ultimo libro e solo sul finale (forse temendo di bruciare qualcosa?) spegne bruscamente il gas, piazzando un ending fin troppo Happy che chiude in modo repentino e insoddisfacente tutte le sottotrame in sospeso.
Vengono liquidati con poche righe anche aspetti della trama inediti rispetto ai precedenti volumi, sia positivi come il giornale che tenta di dar voce ai veri problemi del popolo, sia campati per aria come la febbre -del tutto randomica- e la Resistenza, trattata in maniera ridicola.
Il romanzo non brilla neppure per i suoi personaggi. Ritengo significativo che, tra le tre protagoniste, l’unica soffribile sia la dodicenne Tess la cui sola colpa è una bontà irreale. Pur risultando quasi una comprimaria, Maura è scritta per essere odiata dal lettore e nel finale sfoggia delle azioni decisamente OOC, mentre Cate passa da un piano avventato all’altro, il tutto contornato da un’ingenuità quasi ridicola e da una continua rabbia immotivata.
La protagonista è anche la principale causa dei frequenti cali nella tensione narrativa con dei pensieri fuori luogo sulla falsariga del “dobbiamo salvare il mondo, ma voi andate avanti che io devo litigare con mia sorella”.
Purtroppo non posso salvare neppure gli antagonisti, che si dimostrano senza eccezione stupidi e privi di motivazioni valide. È quasi ridicolo come ci venga ripetuto più e più volte quale pericolo siano i Fratelli, mentre neppure in un’occasione essi mettono in difficoltà le giovani streghe; sarei curiosa di chiedere all’autrice come abbia immaginato la loro ascesa al potere.
Sperate forse in un miglioramento nello stile? Vi attende allora l’ennesima delusione, perché la Spotswood ci sommerge per la terza volta con interminabili descrizioni sugli abiti, i gioielli e gli arredi, ignorando ogni altro elemento.
La narrazione è farcita poi da interrogative dirette, che si possono in parte giustificare con la prima persona di Cate, e una valanga di punti di sospensione e punti interrogativi piazzati spesso a caso, per i quali non c’è invece giustificazione valida.
Vi chiederete se ci sia qualcosa da salvare in questo romanzo; stranamente ce n’è ben due! L’ottima edizione italiana della Sperling & Kupfer e il personaggio di Alistair, il solo con un briciolo di cervello.