Dettagli Recensione
Pur sempre Martin.
Devo premettere che l'edizione di "Tempesta di spade" che ho potuto leggere non è perfettamente identica a quelle pubblicate e recentemente vendute in libreria. Il testo originale, "Storm of swords", di oltre mille pagine, in italiano è stato spezzato in tre volumi (Tempesta di spade, I fiumi della guerra, Il portale delle tenebre), ma esiste anche un'edizione edita nella collana Urania che ha diviso lo stesso libro in due soli volumi dal titolo "Tempesta di spade" parte 1 e 2. Beh, questa è l'edizione che ho letto e dal momento che non è a questo punto facile capire dove iniziano e finiscono le edizioni in tre parti, mi limiterò a dare un giudizio complessivo dell'opera, intendendo col titolo in questione TUTTO il terzo romanzo pubblicato in lingua originale come "Storm of swords". Nessuno spoiler in proposito.
Ho naturalmente letto anche i precedenti libri della saga e penso di poter affermare che tra i tre forse questo è il migliore. Vengono descritti molti avvenimenti importanti, direi cruciali per la saga. Inoltre la capacità così evidentemente Martin-iana di far fuori i personaggi quando meno te lo aspetti è in questo libro quasi portata alle estreme conseguenze. Certamente il romanzo è lungo e questo significa che l'autore si prende molto tempo e molto spazio per inserire dettagli che, se non hanno chissà quale importanza al fine della storia, risultano comunque interessanti e utili a comprendere meglio il mondo di Westeros. Ho letto il libro dopo aver visto il film, ma soltanto leggendo ho capito tanti degli striminziti accenni riproposti nella serie: specialmente in relazione al personaggio di Arya, nel libro c'è davvero molto di più. La serie televisiva ha soppresso la stragrande maggioranza della storia della Fratellanza senza vessilli e di Beric Dondarrion, che vengono perlopiù liquidati a poche rapide scene, e che invece nel romanzo sembrano avere una certa importanza, nonché preannunciare eventi futuri che solamente in questo modo permettono di capire a pieno il senso delle vicende riportate nell'ultima stagione del Trono (la sesta).
I personaggi sono ben descritti, ben strutturati e dotati di una certa coerenza che li fa agire perlopiù in modo prevedibile ma anche piuttosto verosimile. Ho apprezzato molto l'introduzione del punto di vista di Jamie, che è risultato un personaggio davvero ben pensato e caratterizzato. La sua presenza permette all'autore di inserire vari flashback sulla storia di Aerys il Folle, ovviamente tralasciati nella serie tv. Sarsa resta uno dei miei personaggi preferiti, mentre di certo avvincenti sono come al solito i capitoli di Tyrion, di Jon e di Arya. La parte più noiosa è senza dubbio quella di Daenerys, alla quale sono dedicati quattro o cinque capitoli totali, piuttosto ellittici e schizzati (la serie ci ha invece inzuppato il pane, annacquando queste parti in modo notevole).
Lo stile di Martin non mi piace particolarmente, ma devo riconoscere che in alcuni punti ha delle uscite interessanti, anche se queste sono perlopiù limitate ai capitoli di Tyrion, che resta pur sempre evidentemente il personaggio preferito dall'autore. Trovo interessante il fatto che la lingua narrativa (e quella dei dialoghi) tenda a cambiare insieme ai personaggi, e per questo ad esempio i toni e le espressioni usate da Sansa siano ben diversi da quelli che potrebbe usare Tyrion o Arya.
C'è però in generale una caratteristica che credo funzioni poco in questo libro, così come negli altri della saga, ed è la scarsa capacità di far "sentire" le emozioni attraverso la percezione dei personaggi che le vivono, soprattutto in un testo che si sviluppa proprio a partire dai punti di vista dei personaggi stessi. In particolare, proprio nelle scene il cui il pathos è più elevato, Martin tende in più di un caso a liquidare la scena in poche battute incisive. Succede ad esempio nelle uccisioni, che non sono particolarmente bene descritte dal punto di vista emotivo (la profusione dei dettagli invece c'è ovviamente tutta). Mentre leggevo mi è per questo sembrato che mancasse qualcosa. Certo, l'aver già visto la serie rende i colpi di scena molto meno sorprendenti, ma non credo si tratti solo di questo. Del resto, sembra davvero che in alcuni casi l’autore non veda l’ora di troncare il più rapidamente (e a volte frettolosamente) possibile le situazioni che descrive: succede quasi ad ogni capitolo, quando una battuta buttata lì taglia (realmente) il finale, lasciando il lettore a prospettare chissà quale seguito. Va bene la suspense, ma a volte le conclusioni risultano decisamente forzate.
Ad ogni modo, al di là di queste piccole “pecche”, il libro mi è piaciuto e l’ho trovato interessante. In questo caso come in altri, aver guardato il film non è stato un ostacolo alla lettura: è sempre consigliabile leggere i libri “dopo”, perché solo in questo modo si finisce per scoprire molto più di quanto si immagina.