Dettagli Recensione
Viviamo per le Storie, Bill.
La Leggenda del Vento – Stephen King, 2012
Uno dei pochi “vantaggi” del leggere i cicli di libri (e vedere le serie tv) dopo che sono abbondantemente concluse è che te le puoi sparare in blocco senza aspettare i comodi di autori/produttori/registi/attori e similia (ergo, non sto vedendo – ancora – Game of Thrones).
Certo si perde il piacere della condivisione globale, ma quando si tende ad essere un tantino “orsi” non è poi questa gran perdita. E così, quando tu sei in preda all’ansia e alla trepidazione per i tuoi amati personaggi, nessuno ti spoilera. Hai detto niente.
Fosse anche solo per questo…
King pubblica “La Leggenda del Vento” nel 2012, quando il ciclo della Torre Nera si era chiuso, con il libro omonimo, nel 2004. Nella prefazione l’autore spiega i perché di questo ritorno e la sua collocazione ideale fra La Sfera del Buio e I Lupi del Calla (king è una meraviglia anche nelle prefazioni. Possibile?).
Evidentemente la storia “andava avanti” anche senza, ma ho deciso, visto che potevo, di procedere con l’ordine suggerito dall’autore.
Questo romanzo è un altro momento “decameron” (quello in cui, cioè, fermiamo l’azione con un pretesto vario – pestilenza, tempesta, perché sì - e raccontiamo) un po’ come era stato la Sfera.
Lì Roland ci aveva raccontato del suo primo e assolutamente infelicissimo e disperatissimo amore, qui – complice una terribile tempesta – narra una delle sue prime imprese da pistolero appena quindicenne.
In realtà la “cornice” è doppia, perché nel raccontare la sua avventura contro lo Skin-man, Roland racconta anche una favola della sua infanzia.
La racconta ad un bambino spaventato non troppo più piccolo del giovane pistolero.
La racconta dopo aver involontariamente ucciso l’amata – e anche un po’ odiata – madre Gabrielle.
Ora.
Roland/King racconta bene e la storia è ganza, come dice Susannah, il pistolero è capace di “sconfiggere il buio con le parole”, ma come Susannah (e io) non possiamo fare a meno di aggiungere “non sei quel laconico alla Gary Cooper che vorresti far credere.” (ora secondo me la frase era più da Eddie, che da Susannah, ma lasciamo correre).
Il tutto per dire che Roland son più o meno ottocento pagine che racconta.
Ce lo vedo Clint Eastwood – a cui il pistolero più o meno si ispira – che racconta per ottocento pagine.
Invece funziona perché le tre storie che racconta funzionano e danno – credo – parecchi punti di riferimento utili per lo svolgimento della vicenda. King è King, quindi non ti fa lo spiegone ma ti racconta delle storie.
E «Non si è mai troppo grandi per ascoltare delle storie, Bill. Uomo e bambino, bambina e donna, mai troppo grandi. Viviamo per le storie.»
Devo però ammettere che mi mancano l’azione e i personaggi che avevo tanto amato nella Chiamata e in Terre Desolate.
Le Leggenda scorre meglio – secondo me – della Sfera perché ci sono più richiami alla situazione “reale” dei personaggi, oltre che per l’oggettiva brevità.
La storia dello Skin-man mi ha convinto, la favola di Bill un po’ meno, ma è comunque godibile.
Il tutto pervaso dalla vena fantastica/horror di King che si inventa particolari mirabili ed inaspettati (quanto sono belli gli uomini erbosi della palude di Fagonard? E quando dalla pelle di uno spunta fuori il ragno… io ha fatto uno strilletto, ecco, lo devo dire), pervade di magia oggetti comuni, mescola umano (molto, a volte troppo) e soprannaturale (poco) con rara maestria (non a caso il nostro indica in Shirley Jackson una delle sue maestre e in questa saga la sua presenza è quasi palpabile).
Quindi due libri “decameron”, ma non certamente Argot (in ricordo del terribile capitolo sull’Argot che Hugo piazza nei Miserabili nel momento di massima tensione e ansia per più o meno tutti i personaggi. Credo che sia uno dei capitoli meno letti della storia della letteratura mondiale. Io lo saltai a piè pari, promettendomi di tornare a leggerlo dopo la fine del romanzo. Cosa che in effetti ho fatto. Per un esame di linguistica, qualche anno dopo. Ed era anche bello, peraltro, ma NON LÌ).
Adesso però ci sono i Lupi del Calla.
E quando c’è da sparare… si spara, non si chiacchiera.
(Lo so, non è Clint Eastwood, è Eli Wallach, però ci stava troppo bene).
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Commenti
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Io finora ho apprezzato più di tutti Terre Desolate, ma a parte il primo mi son piaciuti tutti.
Adesso ho iniziato i Lupi (so che dovrei centellinare il tutto per farlo durare, ma chi ci riesce? Io no di certo!).
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Io lo ho apprezzato semplicemente perchè mi mancavano troppo Roland ed i miei compagni, erano già passati 7 anni dalla fine della "Torre nera" e mi mancavano tutti davvero troppo!