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Il Silmarillion
 
Il Silmarillion 2015-08-08 09:07:19 Erox Curry
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Erox Curry Opinione inserita da Erox Curry    08 Agosto, 2015
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Il principio di Arda

Scoprii Tolkien solo grazie ai famosi film.
Notai, quindi, che le sue opere andavano oltre la trilogia che lo ha reso così famoso, così decisi di partire dal principio, leggendo le sue opere in senso cronologico: partii quindi da qui.
Bhe, la prima cosa che mi stupì fu lo stile: è poesia scritta in prosa. So benissimo che sono due cose contrarie, ma non mi viene definizione migliore per descrivere codesto stile.
Un libro che ti rilassa, che ti allontana dalla noiosa monotonia quotidania, che non ti fa pensare ai tuoi problemi: te ne stai lì a leggere pagina dopo pagina, brano dopo brano.
Dopo una sorta di "genesi" del fantastico mondo di Arda e la presentazione del "Pantheon tolkieniano", inizia un racconto che narra di secoli e secoli, delle vicende di migliaia di "persone", raccontando la storia di diversi personaggi.
Ma alla fine nessuno sfugge allo scorrere del tempo che, inesorabile, si lascia alle spalle anche quelle vite che sembravano eterne.
Quella che dura di più è quella più difficile da estirpare da dentro ognuno di noi: il male stesso, l'odio, l'avidità, la superbia. Infatti Melkor o Morgoth (come preferite chiamarlo) è il personaggio più duraturo nell'intero libro (secondo solo ai Valar stessi, di cui fa parte).
Il fatto che il lato oscuro sia presente perfino in quello che deve essere un dio (Eru), sta a significare che il male c'è in ognuno di noi e soltanto unendoci lo possiamo sconfiggere.
Devo ammettere che proprio la sconfitta del grande nemico, l'Oscuro Signore che era durato migliaia di anni, mi ha lasciato un po' basito: l'ultima battaglia non dura più che un paio di pagine e la morte di Ancalagon il Nero, il più grande dei draghi alati, avviene appena tre righe dopo averlo nominato per la prima volta, per mano di Earendil che non si sa come abbia fatto a sconfiggerlo.
Qui si può notare come lo scrittore voleva dare importanza alla storia in se e non nella sua fine, sottolineando il fatto che, spesso, il viaggio verso una meta costituisce la maggiore crescita o felicità della meta stessa.

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