Dettagli Recensione
Lo Hobbit, Andata e Ritorno (e Amiciza)
Talora si sente la necessità di abbandonarsi a delle favole, a delle storie che, trascurando riferimenti sociali e politici, trascendono il reale e catapultano in una dimensione fantastica e incredibile. E' per rispondere a questo bisogno che sono ricorso a questo libro, una favola un po' più lunga delle altre, ma con il tipico schema oggetto del desiderio e prove da affrontare per raggiungerlo. Il testo è ambientato nella variopinta e multiforme Terra di Mezzo, successivo teatro del ben più corposo Signore degli Anelli. I luoghi sono un punto forte del testo: sono descritti mirabilmente e con grande efficacia, così da creare una mappa immaginaria ben congegnata. Non ci sono così tanti particolari come nell'opera tolkeniana successiva, cosicchè appare in fase embrionale il progetto futuro dell'autore. Tuttavia la fortuna di questo romanzo non può essere attribuita soltanto alle ambientazioni e alla trama, che in realtà ho trovato a tratti un po' incompiuta o abbozzata, ma è riconducibile alle svariate creature che popolano il romanzo, riprese e riadattate dall'epica antica, medioevale e celtica, per le quali vengono forniti tratti caratteristici e costumi. E' in quest'ottica che va cercata l'indiscussa bravura di Tolkien: non si è limitato a caratterizzazioni accennate o essenzialmente fisiche, ma si è impegnato nel costruire un crogiolo vivace e complesso, condizionato dallo stretto rapporto tra l'aspetto esteriore e le qualità interiori. Nel romanzo intervengono creature note, o meno note, ma nessuna di loro è circoscritta ad un topos rigido, che, seppur evidente, si carica di connotazione quasi psicologica (nonostante si mantenga una semplicità disarmante). La favola (anche se sembra riduttivo chiamare il libro di Tolkien così) scorre velocemente e, in genere, coinvolge; non ci sono cedimenti o eccessive complicazioni, nè si dimentica il classico schema fiabesco, tuttavia Lo Hobbit non mi ha pienamente convinto, pur avendo indiscussi pregi. Probabilmente ha inficiato negativamente nel giudizio, lo stile del testo, ma forse più che di Tolkien, la responsabilità è della traduzione (la mia edizione è Adelphi). Ad esempio, quando un personaggio, parlando, descrive gli eventi, utilizza il passato remoto, in luogo del ben più comune passato prossimo. Può sembrare una sottigliezza, ma la scelta verbale condiziona la capacità del romanzo di coinvolgere nei fatti. Inoltre è secondo me spropositato l'utilizzo di dimostrativi del tipo: "raggiundero la Desolazione di Smog. QUESTA ERA...", la cui ripetizione compromette la scorrevolezza del testo. Altre scene, invece, sono divertentissime e acute, e ricordo, con grande soddisfazione, il dialogo tra Bilbo Baggins e Gollum, memorabile. Come tipico delle favole si lodano i valori dell'amicizia e della lealtà, mentre sono rimasto perplesso del rapporto del testo con la guerra: inizialmente avevo avuto l'impressione che la guerra venisse accettata e non criticata, mentre alla fine appare evidente la posizione contraria dell'autore nei confronti degli eventi bellici. Insomma, nonostante i vari difetti (personalissimi), lo Hobbit rimane un testo necessario per avvicinarsi al Signore degli Anelli, un opera che fornisce un assaggio, certamente semplificato, con la Terra di Mezzo, un mondo che si svelerà in tutta la sua complessità nell'opera successiva; mi chiedo ancora come una mente sia in grado di ideare un Universo di tale complessità. E alla fine forse un riferimento con la società c'é: un rifiuto ai conflitti che si concretizza, drammaticamente, nell'ultima parte del libro, ma sempre con estrema semplicità. Un monito alla solidarietà, al rispetto: un'opera per educare divertendo e ttrasportando in un mondo in cui a molti piacerebbe vivere.
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Grazie e scusa per la mia ignoranza su questo argomento....
PS Ho notato che hai una passione per la parola crogiolo!! Ahhhh