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Genesi di una leggenda
Forse mi prenderete per pazzo, ma è la prima volta in vita mia che mi sono rifiutato di finire un libro perché non volevo staccarmi dalle sue pagine coinvolgenti e magnetiche, non volevo “uscirne”…perché io in questa trilogia ci sono letteralmente caduto dentro!
Non mi interessava sapere come finiva, mi interessava solo “viverlo”. Sì perché leggere La paura del saggio, così come prima Il nome del vento, significa soprattutto essere catapultati in una storia da cui è davvero difficile non essere fagocitati.
Il problema poi è che non riesco ad iniziarne uno nuovo senza aver terminato il precedente e così, per evitare di non leggere più per il resto della mia vita, alla fine ho dovuto capitolare.
Adesso che ho concluso il secondo capitolo di questa meravigliosa trilogia, non so davvero come fare. Mi sento solo, abbandonato, mi manca il mondo di Kvothe, dei suoi viaggi e delle sue avventure. Mi manca la terra di Ademre e dei suoi incredibili abitanti, gli Adem, che comunicano le proprie emozioni con i gesti, che custodiscono i segreti della nobile arte di combattere, che considerano barbari il resto della civiltà, che vivono con etica, orgoglio, senso del dovere seguendo il “Lethani”, una sorta di filosofia che guida le loro azioni e la cui comprensione permette di sapere cosa e come ci si dovrebbe comportare in ogni circostanza. Tra le pagine più belle e profonde di tutto il romanzo.
Ne “Il nome del vento” facciamo conoscenza del giovane Kvothe, della sua infanzia, di come arriva all’Accademia e di cosa lo spinge e motiva ad imparare con avidità e determinazione discipline che per gli altri studenti, ricchi e pigri, sono perlopiù un passatempo.
Nel secondo assistiamo alla genesi della sua leggenda.
Chissà cosa ci aspetta nel terzo.
Ma, come detto, non mi interessa conoscere il finale, non mi interessa raggiungere la meta, mi interessa solo il viaggio necessario per arrivarci.
“Nessun uomo può definirsi coraggioso se non ha camminato per cento miglia. Se vuoi conoscere la verità su chi sei, cammina finché nemmeno una persona conosce il tuo nome. Il viaggio è la grande livella, il grande insegnante, amaro come una medicina, più crudele dello specchio. Un lungo tratto di strada ti insegnerà più su te stesso che cento anni di quieta introspezione”.
Grazie Patrick (Rothfuss), un semplice grazie per la tua immensa e impagabile fantasia.
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Commenti
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Grazie per il sostegno morale!!!!
Ciao Tommaso :-)))
:))))))))
bella rece!! sono felice di aver "sdoganato" questo grandissimo autore...
non vedo l'ora che esca il terzo!!!
daidaidai!!
:))
:-)
troppo buona..
@ Silvia: grazie!!! Anche se non è il tuo genere io un pensierino ce lo farei perché non è il classico fantasy che potresti aspettarti!!! Pensaci dai!!!
@Piero: beh, mi perito un po' a riempirti di complimenti così pubblicamente, ma obiettivamente....non finirò mai di ringraziarti per avermi consigliato questo autore!!!
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:-D