Dettagli Recensione
Leggetelo
1200 pagine. Tante? No. Troppe? Neanche.
In realtà non so bene nemmeno io da che parte attaccare il commento a questo libro.
Potrei dilungarmi in lodi iperboliche, ma sarebbe troppo semplice.
E poi saprebbe decisamente di “déjà vu”.
Vorrei cercare di spiegare il mio stato d’animo. Farvi comprendere quello che ho provato leggendo questo libro, perché, secondo me, è questo che una recensione dovrebbe trasmettere, al di là dei freddi giudizi formali.
Quindi liquiderò subito quest’ultimo aspetto. Quest’uomo sa scrivere. E bene. La trama non concede un attimo di respiro e i capitoli, corti il giusto, non affaticano la lettura, concedendoti il lusso di interromperla a tuo piacimento, dopo 3, come dopo 30 o 300 pagine, senza perdere il filo del discorso. La sua fantasia non ha limiti. Ha creato un mondo, dei personaggi, incredibili. Perfetto in tutti i minimi particolari. Curatissimo. Dalla moneta corrente, alle razze diverse che coesistono in questo universo fuori dal tempo e dallo spazio.
Per non parlare di lingue, usi e costumi di questa gente, della precisione con cui descrive le materie che studiano gli Arcanisti all’Accademia. Tutto perfetto.
Ecco, se mi permettete un paragone scomodo, per questo aspetto oserei citare Tolkien, come ho già fatto nella recensione del primo libro della saga. Il mondo creato da Rothfuss, per precisione e profondità delle descrizioni, è paragonabile a quello descritto dal Maestro ne Il Signore degli Anelli e ancora prima ne Lo Hobbit.
Ma non si tratta di questo, o meglio, non solo di questo. Altrimenti sarebbe una fredda descrizione etnico-sociale.
Quello che mi ha stupito, preso, rapito, rivoltato come un guanto, è stata la sua capacità di descrivere gli stati d’animo delle persone e quella di dare voce, di raccontare, anche quei vuoti che forzatamente la narrazione, talvolta, propone tra due eventi narrativi.
Farò un esempio con una citazione, ancorché io non sia tanto d’accordo con le citazioni nelle recensioni, quindi mi scuso per l’appesantimento, ma secondo me serve a farvi capire quello che intendo.
“Era di nuovo notte. La locanda della Pietra Miliare era in silenzio, e si trattava di un silenzio in tre parti.
La parte più ovvia era una quiete vuota, riecheggiante, formata da cose che mancavano. Se ci fosse stato del vento, avrebbe spirato attraverso gli alberi, fatto scricchiolare l’insegna della locanda sui suoi cardini e spazzato via il silenzio lungo la strada come vorticanti foglie autunnali.
Se ci fosse stata una folla o anche solo un gruppetto di avventori, questi l’avrebbero riempito con conversazioni e risa, il fracasso e gli schiamazzi che ci si aspetta da una taverna nelle buie ore notturne. Se ci fosse stata musica...ma no, ovviamente non c’era alcuna musica. In realtà non c’era nulla di tutto ciò, perciò rimaneva il silenzio.
All’interno della Pietra Miliare alcuni uomini erano radunati a un angolo del bancone. Bevevano con calma determinazione, evitando serie discussioni di notizie preoccupanti. Nel fare ciò essi aggiungevano un piccolo, cupo silenzio a quello, vuoto, più grande. Formava una sorta di lega, un contrappunto.
Il terzo silenzio non era facile da notare. Se foste rimasti in ascolto per un’ora, avreste potuto cominciare a sentirlo nel pavimento di legno sotto i piedi e nei ruvidi barili scheggiati dietro il bancone.
Era nel peso del focolare di pietra nera che tratteneva il calore di un fuoco spento da molto. Era nel lento andirivieni di un bianco panno di lino che sfregava le venature del bancone. Ed era nelle mani dell’uomo che se ne stava lì in piedi a pulire un tratto di mogano che già risplendeva alla luce delle lampade. L’uomo aveva capelli di color rosso vivo, come fiamma. I suoi occhi erano scuri e distanti, e lui si muoveva con la sottile certezza che proviene dal conoscere molte cose.
La Pietra miliare era sua, proprio come il terzo silenzio.
Era appropriato, dato che dei tre era il silenzio più grande, che avvolgeva gli altri.
Era profondo e vasto come la fine dell’autunno. Era pesante come una grossa pietra levigata dal fiume. Era il paziente suono di fiori recisi, di un uomo che sta aspettando di morire.”
Ecco. Ora non so a voi, ma a me questo incipit ha fatto commuovere fino al midollo.
Quest’uomo ha oro e argento nelle mani!
Per non parlare delle descrizioni degli stati d’animo dei personaggi! Come in ogni fantasy che si rispetti, e per di più di “cappa e spada” come questo, ci sono morti, tradimenti, amori che sbocciano, altri che non ci riescono, solide amicizie, ecc…
L’eccellenza di Rothfuss si evidenzia prepotentemente anche in questi frangenti, quando ci parla di quello che i suoi personaggi provano.
Mi sono perso, sognante, nella descrizione dello sguardo di uno dei personaggi femminili allorquando capisce, o meglio, inizia a capire ma non se ne rende ancora bene conto, di essersi innamorata dell’uomo che ha di fronte.
“Vidi lei voltare la testa per guardarlo, quasi sorpresa di vederlo seduto lì, No, era come se fino ad allora, lui avesse semplicemente occupato dello spazio attorno a lei, come un pezzo di mobilio. Ma stavolta quando lo guardò lo vide davvero. Lasciate che vi dica questo: solo assistere a questo momento valse tutto il tempo noioso e irritante passato a perlustrare gli Archivi. Valeva, sangue, sudore e paura della morte, vederla innamorarsi di lui. Solo un poco. Solo il primo lieve alito d’amore, così leggero che probabilmente lei stessa non se ne rese conto. Non fu drammatico, come una saetta seguita da un rombo di tuono. Fu più come quando una pietra focaia colpisce l’acciaio e la scintilla scompare quasi troppo velocemente per essere vista. Però sai che è lì, dove non puoi vedere, pronta ad accendere qualcosa.”
Capito cosa intendo? Quante volte abbiamo assistito dal vero a una scena del genere? O ne siamo stati noi stessi protagonisti? Avreste mai potuto descriverla in modo migliore?
Ed è solo uno degli innumerevoli esempi che avrei potuto citarvi.
Rothfuss riesce a penetrare con mani di velluto fino all’essenza delle cose (siano esse sentimenti, persone, o… silenzi), a tirarla fuori e a descriverla con parole fatate.
Insomma, magico!
Leggetelo, vi prego. Ma non fatelo per me. Non fatelo per quello che ho scritto. Fatelo per voi stessi, per non commettete il torto di negare, al vostro cuore e alla vostra sete di buone letture, queste pagine meravigliose.
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Commenti
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Ne approfitto per scusarmi per la lunghezza, non consueta per me, della recensione e per non essere riuscito a postare l'immagine della copertina...
Ho già scritto alla redazione e spero che intervengano quanto prima..
Mi ero già segnato il primo della saga e se il seguito è di questa portata, allora è davvero una trilogia da non perdere!!
Complimenti e grazie per la segnalazione!
Il fantasy però mi piace già di mio... come si chiama il primo volume?
Il primo volume si chiama Il nome del vento. Ho recensito anche quello!
Se ami il genere te lo straconsiglio!!
:))
veramenete bella !!!!!!
grazie silvia!!!
Però tu sei perdonato perchè è molto bella !!
:))))))
grazie katia!
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ottima, ho saltato qualche riga della citazione, mi è bastata cmq!!!
bravo pier, mi hai convinto DAVVERO: METTO IN WL!!!