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UN VORTICE DI MUSICA E SPERANZA
La Regina del Silenzio è un romanzo semplice ed efficace, che colpisce senza troppi giri di parole. Consigliato per chi vuole abbandonarsi ad una lettura semplice ma sensata.
L’aver letto questo libro sembra quasi di aver assistito ad un’esperienza sinfonica.
Un re crudele, accompagnato dalla spietata madre, scende con la sua “Armata del Silenzio” nella terra dei Burjaki, popolo umile e guerriero, occupandola. La regina vieta la musica e bandisce ogni tipo di strumento, eliminando le vocali e adottando una politica di terrore. Il piccolo popolo ha bisogno del proprio canto per poter sopravvivere, ma ormai cantare non è più possibile; addirittura ai neonati viene nascosta l’esistenza della musica. Così il malcontento e il terrore generale si diffondono piano piano nel Regno del Silenzio. La protagonista di questo racconto è una ragazzina, Mila, figlia del valoroso guerriero Vadim, che nasce con un inconsapevole desiderio di musica. Il suo talento indiscusso le viene trasmesso da un grande suonatore, Tahir il bardo, che le canta e suona canzoni fin da quando si trova nel grembo della madre. Sarà proprio grazie al suo dono innato e all’aiuto di diversi personaggi, con le loro ferventi emozioni, che si batterà nel nome della libertà.
La musica è senza dubbio il centro del romanzo. Viene dipinta come una melodia universale, capace di unire specie e genti diverse e di renderle un’anima sola, in mezzo alla grandezza e alla suggestività della Natura. Nel romanzo, l’uomo si fonde perfettamente con il paesaggio descritto creando una totale armonia.
Ciò che mi ha colpito di più dello stile di Rumiz è che assegna nomi inventati a luoghi realistici, che fanno parte del nostro immaginario collettivo, collocandoli su una carta immaginaria (disegnata all’interno del libro dall’autore stesso).
La prima impressione che ho avuto del romanzo è stata quella di leggere una fiaba: trama e personaggi semplici e diretti, luoghi e tempo immaginari e indefiniti, ovvero le sue caratteristiche per eccellenza. La differenza si trova nel lessico del racconto: seppur mirato per un pubblico di preadolescenti e adolescenti, è ottimo per gli adulti che hanno la possibilità di ricordarsi nostalgicamente le fiabe lette da piccoli e che da tempo avevano dimenticato.
La bellezza e la purezza del racconto sono dovute dalla semplicità con la quale ci viene offerta una storia colma di significati e di valori umani, come l’amore, la nostalgia, la lontananza da casa che si riversano nella musica diventando la difesa ad ogni arma. Ti fa sentire il profumo di luoghi lontani da te sia per tempo che per spazio e tradizioni, eppure il suono della tambùriza e del violino, strumenti simbolo delle vicende, ti avvolgono sempre di più. Rumiz è riuscito a riassumere in tutto e per tutto un inno contro alla violenza, che invita ad ascoltare la voce del proprio cuore.
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