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Oscar e la speranza
Chorams è…
È un…
mmm….
Penso che si possa definire un libro carino allo stesso modo di quando devi presentare l’amico del tuo fidanzato alla tua migliore amica e per descriverlo lo definisci “simpatico” o meglio “un tipo”.
Non posso affermare di aver amato alla follia questo libro, ma non posso nemmeno definirlo illeggibile.
Inoltre non riesco ad inquadrarlo bene né per quanto riguarda la storia, né per quanto riguarda il genere.
Partiamo però dall’inizio: la storia non è banale, ma nemmeno originalissima, in quanto presenta spunti già visti come ad esempio il protagonista che si addormenta per ritrovarsi in un nuovo mondo che ricorda un po’ “Alice nel paese delle meraviglie,” o se si vuole aggiungere che prima di addormentarsi stava leggendo un libro antico ritrovato nella libreria paterna, “La storia infinita”. Ma va beh, si deve pur partire da qualcosa e se effettivamente è stato ispirato dai libri che ho citato le premesse per una bellissima storia ci sono tutte, no?
Poi, andando avanti con la lettura, mi sono più volte domandata se potevo considerare questa storia una favola…
“C’era una volta un ragazzo di nome Oscar che un bel giorno si addormentò per poi risvegliarsi in un mondo diverso, lontano dal suo. Il regno in cui era capitato aveva perso la Speranza ed era sull’orlo di una guerra. Un’antica profezia diceva che un giorno un giovane sarebbe arrivato da un mondo lontano per riportare la speranza nel regno, ma questo Oscar ancora non lo sapeva…”
Carino no? Quantomeno intrigante…
Quello che mi ha frenato però, è lo stile, ma soprattutto il linguaggio utilizzato. Quest’ultimo, infatti è così ricercato che stonava in un protagonista che, almeno da quanto si poteva dedurre all’inizio, appartiene ai tempi moderni. Spesso addirittura, creava una sorta di effetto comico che mi faceva sorridere.
Io, semplicemente e forse troppo in genuinamente, avrei mirato, con una storia come questa, ad un pubblico giovane che però non è a suo agio con un linguaggio ricercato e cerca, per la maggior parte dei casi, l’evasione in una bella storia con un linguaggio semplice.
Purtroppo però ho notato anche che non sono stata emozionata da questa lettura. I personaggi erano piatti, delle marionette nei loro ruoli. Pensando soprattutto a Oscar, niente lo preoccupava o lo intimoriva, nessuna obiezione in quello che doveva o poteva fare. I momenti che dovevano essere i più commoventi erano così artificialmente enfatizzati da perdere la loro emozione. Non mi sono sentita parte della storia o in sintonia con i personaggi.
Questo è stato enfatizzato anche dai tempi della narrazione che spesso tornavano indietro per raccontare quello che capitava ad altri personaggi. Niente di strano fino a qui, succede in molti romanzi, ma qui veniva evidenziato con frasi, e anche con cambi repentini dalla notte alla mattina prima, spezzando la narrazione e rendendo il tutto molto frammentario.
Dopo tutto questo cosa rimane?
Un libro carino.