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UN FANTASY ONIRICO
"L’isola dei Liombruni" è un sogno e lo stile narrativo ne segue le pieghe e gli intrecci. Anche se non sempre gli elementi della trama e i concetti sono espliciti e ben definiti -risultato ricercato volontariamente per rendere l'atmosfera onirica del romanzo- la narrazione risulta scorrevole e piacevole.
Il linguaggio, che spesso ricalca la parlata giovanile, si avvale di termini e modi di dire territoriali che rendono vivida e subito comprensibile, senza bisogno di preamboli, la realtà di Smiccio e Zenzero; la realtà della banda di Primo, il bambino che sogna l'isola e ne è l’artefice, in un tempo e un luogo d’estate che rimandano alla spensierata gioventù trascorsa in una piccola comunità mediterranea.
Il periodo descritto è quello in cui si convive e si fanno esperienze, tra giochi, amicizie e passioni leggere come l’età dei protagonisti. Un periodo che forma il carattere e acuisce la consapevolezza di se stessi e del monto circostante, attraverso snodi cruciali del vissuto e riti di passaggio verso una fase di crescita successiva.
Il sogno di Primo è tutta una rappresentazione della crescita, e come tale non manca di confusione, incertezza, ribellione nei confronti di una realtà da cui i ragazzi si sentono schiacciati; una realtà rappresentata da personalità a loro “superiori”, cui possono rivolgersi solo alzando lo sguardo, gli adulti, chiamati proprio Alti e in cui identificano la morte dell’innocenza e della spensieratezza.
È una ribellione violenta e cruda, questa, che culmina nella Carnara, la notte di lotta e sangue in cui bambini e ragazzi si sono impossessati dell’Isola, quando ha avuto inizio il sogno di Primo e l’avventura dei protagonisti.
La vita spensierata dell’isola dei Liombruni, misteriosi animali che scorrazzano liberi sulla terra dei bambini e intoccabili per legge, si fonde così, in maniera efficace, a toni cupi, più che dark tipici dell’horror, che richiamano l’atmosfera de "I figli del grano" di Stephen King (racconto compreso nella raccolta "A volte ritornano", da cui è tratto il famoso film diretto da Fritz Kiersch "Grano Rosso Sangue") e raffigurano bene il travaglio della crescita pre-adolescenziale e adolescenziale. Elementi mischiati ad altri che riecheggiano antichi miti - ad esempio la figura degli Scalzi, sorta di semidei in cui si trasformano i bambini che muoiono nel sogno - che si sposano bene con l’ambientazione dell’Isola e la caratterizzano.
E' un periodo che rifiuta l’autorità e chi la incarna, ma di cui gli stessi compagni di Primo non possono fare a meno di sentirne il bisogno, come dimostra la nascita spontanea dei Baroni, ruoli autoritari giocati dai ragazzi più grandi. Come non posso fare a meno di provare il bisogno d’interrogarsi, comprendere, varcare la soglia di una tappa esistenziale. Almeno Zenzero, uno dei punti di vista maggiormente sfruttati nella narrazione e motore dell’evolversi della vicenda. E in modo diverso anche il suo amico Smiccio.
"L’isola dei Liombruni" non è una lettura frivola, ma una trama ben congegnata, intrigante, piena d’azione e suspense che la rende avvincente e scorrevole. Piacevole e intensa. Onirica fino all’ultima riga. Un libro che merita attenzione così come il suo autore Giovanni De Feo.