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VASTO CONTESTO, PERSONAGGI ESIGUI
È evidente il notevole lavoro volto a plasmare un’ambientazione verosimile e credibile dove collocare le vicende. L’Impero Colviano si presenta molto bene, sorretto da un robusto background storico e arricchito da notevoli pennellate sature di mito e leggenda. Tutto è pervaso da un forte sapore di Roma Imperiale, dai marmi degli edifici alla cultura militare. Gerarchie, credi, dinamiche politiche: l’insieme è illustrato eccellentemente, con frequenti e dettagliate divagazioni che rifiniscono e valorizzano il quadro generale.
Tuttavia, la grande attenzione rivolta all'ambientazione ha limitato enormemente la cura dei personaggi, protagonista incluso.
Durante la prima metà del romanzo conosciamo Yanvas, un soldato ligio al dovere, idealista e votato alla carriera militare. Purtroppo di lui non traspare nient’altro: manca di uno spessore emotivo, di carattere e umanità. La rigida maschera della disciplina è oltremisura dominante, non permette di conoscere l’uomo che si cela dietro di essa e il risultato fa un po’ troppo soldato di piombo, con cui è difficile instaurare un legame.
Lo stesso vale per gli altri personaggi, piuttosto privi di tridimensionalità. Tutti sembrano mossi da grandi sentimenti e ideali, che ciò nonostante si mostrano solo in superficie. Il desiderio di vendetta di Yanvas, le gravose responsabilità di Dolagirt, il rancore di Imian, i sentimenti di Sulion… impulsi intimi e profondi, ma che non sono sufficientemente condivisi con il lettore, il quale fatica a provare empatia.
Un altro fattore che mi ha lasciato perplesso è l’elemento fantastico. A riguardo, il romanzo sembra essere nettamente suddiviso in due parti: la prima metà, dove il fantasy è circoscritto a vaghi accenni sull’esistenza di creature sovrumane che sfumano nel mito, e la seconda metà, dove si assiste alla precipitosa immissione di verità esoteriche e magiche più che tangibili.
Affiorano violentemente in poche righe e assumono inoltre il pieno controllo della trama, ribaltando le sorti del protagonista. Vista la loro importanza nel determinare l’esito della storia, meritavano uno sviluppo maggiormente protratto nel tempo, dando modo al lettore e allo stesso Yanvas di interagire progressivamente con esse.
P.S.
Il nuovo Yanvas, quello post-rito, è piuttosto antipatico. Presa coscienza della sua condizione di superiorità rispetto all’uomo medio, diviene arrogante e pieno di sé. Chissà, un po’ di sano Memento mori potrebbe aiutare sul piano caratteriale… anche se di fatto non lo riguarda su quello fisico.