Dettagli Recensione
Formicaio post-apocalittico
L’aria è tossica e irrespirabile. La vegetazione è scomparsa, ridottasi ad arida sterpaglia. In lontananza, il profilo di costruzioni abbandonate e fatiscenti, triste ricordo di un passato che non c’è più. Questo è ciò che si osserva dal tetto del Silo, centoquarantaquattro piani che si estendono nelle viscere della terra e che costituiscono l’unico luogo ove la vita è ancora possibile: il mondo.
Mi ha sempre incuriosito l’idea del formicaio o dell’alveare, efficienti società chiuse in cui ognuno svolge i propri compiti per il bene della comunità secondo un’organizzazione immutabile. Una struttura simile a quella del Silo, quest’ultimo baluardo di umanità regolato da rigide leggi, lavoro e obbedienza assoluta. Ma le formiche sono formiche e gli uomini sono uomini. Non possono solo eseguire; si interrogano, hanno bisogno di capire, vogliono la verità mentre l’ordine del Silo è garantito da una cortina di disinformazione, diffidenza e domande proibite. Chi ha creato il Silo e perché? E se là fuori ci fosse ancora un mondo vivibile o addirittura altri esseri umani? Se tutto ciò che vedono fosse solo finzione?
In questo romanzo non mancano ingredienti che possono soddisfare palati molto diversi: un affascinante e inspiegabile mistero, una serie di omicidi senza soluzione, una ribellione contro il potere che è anche lotta per la verità e persino un timido amore che nasce attraverso le barricate. Eppure, si ha la sensazione che alcune di queste idee non siano state elaborate completamente e che l’autore si sia a tratti perso tra le diverse possibilità di sviluppo offerte dalla trama. Dopo aver ultimato la lettura, ho scoperto che ciascuna delle cinque sezioni di cui si compone il romanzo costituiva inizialmente un libro a sé e probabilmente è proprio questa mancanza di unitarietà e omogeneità che viene percepita come un limite. Nonostante gli evidenti cali di ritmo e la mancanza di approfondimento di alcune vicende e personaggi, la narrazione procede in modo complessivamente scorrevole, trainata dalla curiosità destata dall’originale e claustrofobica ambientazione e dai mille punti di domanda che continuano a inseguirsi tra le pagine, reclamando una risposta.
Tutto sommato, una discreta lettura d’intrattenimento, sorretta da un’idea di base originale, che offre anche qualche interessante spunto di riflessione circa le dinamiche tra libertà personale e assoggettamento, informazione e pacifica ignoranza, bugie e verità che si instaurano in ciascuna comunità chiusa. A maggior ragione nell’inquietante e angusto mondo sotterraneo di “Wool”.