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La lunga terra
 
La lunga terra 2023-07-31 15:10:32 FrancoAntonio
Voto medio 
 
3.8
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
4.0
FrancoAntonio Opinione inserita da FrancoAntonio    31 Luglio, 2023
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Una gita nel catalogo dei pianeti Terra

“Può darsi che l’universo si biforchi ogni volta che cade una foglia e che si crei un miliardo di nuove ramificazioni ogni istante, come ci suggerisce la meccanica quantistica, ma non è che noi esperiamo un miliardo di realtà: gli stati quantistici si sovrappongono, come le armoniche su una singola corda di violino. Ma forse vi sono occasioni, per esempio quando un vulcano si risveglia, una cometa ci sfiora o un vero amore è tradito, in cui si vive effettivamente una distinta realtà esperienziale, una treccia di fili quantistici. E forse queste trecce vengono poi riunite in una dimensione superiore dalla similarità e si autorganizza una catena di mondi o qualcosa del genere.”
Questa ipotesi è ardita e al tempo stesso intrigante, ma è proprio ciò che avviene in questo romanzo di Terry Pratchett che abbandona il suo comicissimo fantasy, per una fantascienza immaginifica.
Uno scienziato, assemblando piccole componenti elettroniche in un contenitore e ricavando l’energia da una semplicissima patata (un po’ come quegli orologi che si costruiscono nei laboratori di scienze delle scuole), è riuscito a costruire il cosiddetto “passatore”, un apparecchietto che consente di ‘passare’ da una Terra alle successive in una serie, apparentemente infinita, di repliche del pianeta che, pur rimanendo all’interno del medesimo spazio-tempo, differiscono l’una dalla precedente, spesso solo per pochissime caratteristiche, per l’essersi verificata in esse una delle molteplici potenzialità. Unico elemento saliente in queste “Terre replica”: la specie Homo sapiens è presente solo in quella di partenza, nelle altre i luoghi sono assolutamente non antropizzati e la natura è ancora incontaminata, vergine.
Poiché l’apparecchio è semplice a costruirsi (pure un bimbo ci riesce) avviene che, ben presto, milioni di persone iniziano una diaspora in questo multiverso di Terre alla ricerca del luogo ideale ove vivere e crescere la propria famiglia, lontano dallo smog, dalla competizione, dalla povertà o dall’ansia e dai problemi della vecchia Terra (per tutti ora solo Terra Riferimento).
In questa riedizione della Corsa all’Ovest, però, ci sono individui speciali che possono “passare” senza l’uso di nessuno strumento e senza il terribile senso di nausea che coglie tutti gli altri, nei minuti immediatamente successivi al passaggio. Tra questi c’è Joshua Valienté che, addirittura, il primo passaggio l’ha fatto appena partorito dalla madre.
Sfruttando questa indubbia dote, Lobsang – un software a cui è stata riconosciuta giudizialmente l’umanità, che pretende di essere la reincarnazione di un meccanico tibetano e che è divenuto socio di riferimento della potentissima società Black Corporation – lo assolda come compagno di avventure sulla sua aeronave Mark Twain. Lobsang vuole esplorare le infinite Terre sequenziali per capirne la natura, darne un’approfondita descrizione, scoprire se la lunghissima serie abbia un termine e se ci sia una ragione per la sua stessa esistenza. Joshua oltre che da compagno di viaggio ed esplorazioni gli servirà da scialuppa di salvataggio: nell’ipotesi che l’aeronave dovesse andare in avaria, dovrà trasportare l’hardware in cui è contenuto il suo backup per ricondurlo a Terra Riferimento. Man mano che i due procedono nel viaggio, però, si aggiunge un ulteriore scopo: è possibile che laggiù in fondo alla Lunga Terra, non si annidi una fatale minaccia per tutta l’Umanità?

Il concetto della biforcazione dell’Universo al verificarsi di ogni alternativa è stato sempre un tema caro a Pratchett che ne ha sintetizzato l’essenza con l’espressione “trousers of time” (i calzoni del tempo), perché come in un paio di pantaloni la realtà si suddividerebbe a ogni evento occasionale. In questo romanzo, però, la biforcazione, in precedenza usata solo come espediente per qualche trovata umoristica, diviene il tema conduttore della storia. Così, l’esplorazione di Joshua e Lobsang consente di mostrare una catena infinita di mondi in cui tutte le possibilità, inespresse nel nostro pianeta, sono divenute realtà e ognuna di esse può essere oggetto di speculazioni e ragionamenti, tra lo scientifico e il filosofico. Oltre a questo viaggio turistico tra le eventualità ipotetiche, però, il romanzo segue pure le vicende di alcuni personaggi che rivivono le esperienze pionieristiche nelle varie repliche terrestri, cercando di adattare questi nuovi habitat alle necessità dell’Uomo.
L’idea di base è estremamente affascinante per un romanzo di fantascienza, tuttavia, mi è parso che lo sviluppo della storia non esca dai canoni di una divertente carrellata di paesaggi da cartolina alternati a qualche flash sulla nuova epopea stile Vecchio West. Probabilmente ciò dipende anche dal fatto che il libro è solo il primo di una serie di storie che s’è fermata a cinque solo per la morte dell’autore principale. Quindi, “La Lunga Terra” può essere considerato più il volume introduttivo di presentazione di questa realtà alternativa, che un libro a sé stante. Le trame e gli intrecci, probabilmente, si svilupperanno solo nei libri successivi. Del resto gli ultimissimi capitoli aprono a inquietanti sviluppi. Purtroppo i seguiti non sono stati (ancora?) tradotti in italiano.
La trama di questo primo volume è fresca e gradevole, ma non particolarmente avvincente: l’idea di base sovrasta e soffoca la descrizione dei personaggi e le loro vicende personali e blocca lo svolgimento di un vero intreccio emotivamente coinvolgente.
Si percepisce anche l’evidente propensione di Pratchett al fantasy puro, dove i limiti della fisica e della logica stessa sono laschi al punto da consentire agli AA. qualsiasi licenza narrativa. Del resto, pure Baxter nelle sue opere ha esplorato spesso universi alternativi con particolare disinvoltura.
Per quanto riguarda lo stile, è sicuramente fluido e piacevole, in linea con la bravura dei due AA., però non sono riuscito a ritrovare il caustico humor tipico di Pratchett (in ciò, probabilmente, ha influito molto l’opera di Baxter) salvo qualche battuta divertente nei dialoghi, mentre spesso la narrazione non esce dai semplici binari descrittivi di questa strana realtà.
In conclusione è una lettura piacevole, ma che viaggia lungo un incerto confine tra fantasy, fantascienza e novella utopistica (guarda caso il quarto libro si intitola proprio “The Long Utopia”). Così facendo rischia di trovare a fatica il giusto pubblico che lo apprezzi.
___________

Due considerazioni collaterali: per prima cosa dubito fortemente che, nella realtà che conosciamo (iper-tecnologica, iper-controllata, iper-connessa, ricca di agi e facilitazioni), così tanti terrestri accetterebbero volentieri di perdere tutto per ricominciare da capo come semplici cacciatori-raccoglitori del neolitico, in un mondo brado e, sostanzialmente, pericoloso, per il quale non sono assolutamente preparati.
Seconda considerazione, più triste: i nuovi coloni procedono su queste Terre alternative come uno sciame di cavallette, disboscando, scavando miniere e costruendo fucine (il ferro non può passare da un mondo all’altro e, quindi, la metallurgia deve essere ricreata da zero), cacciando e predando indiscriminatamente, in sintesi, comportandosi da parassiti e sfruttatori da par loro. Possibile che l’Uomo non possa comportarsi in maniera più saggia? Mai?

Indicazioni utili

Lettura consigliata
  • no
Consigliato a chi ha letto...
Sono in dubbio se consigliarlo, perché, al di là dell'indubbia piacevolezza del romanzo, impegnarsi nella sua lettura significa anche predisporsi a leggerne i seguiti che, come detto sopra, si trovano solo in lingua inglese. A suo tempo lessi i primi capitoli del secondo volume "Long War", carino e in linea con questo, ma più impegnativo, non solo perché in lingua originale.
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