Dettagli Recensione
Delusione
Chi ha avuto modo di leggere alcune delle mie recensioni su opere di fantascienza sa quanto io sia amante del genere e quanto la mia lotta per valorizzarlo abbia assunto le proporzioni di una vera e propria crociata. Logico pensare che, per uno come me, leggere un romanzo di fantascienza contemporanea pubblicato da un grande editore italiano quale è Einaudi, che pubblica pochissimi romanzi di questo genere, sia per me un obbligo e sia fonte di un’enorme curiosità. Jeff Vandermeer è uno dei pochi autori di fantascienza ad avere questo privilegio ma, a mio parere, non credo lo meriti appieno. Di suo ho letto un altro romanzo sempre edito Einaudi, “Borne”, e di quel poco che ricordo riguardo a quella lettura posso dire che quantomeno aveva garantito una certa piacevolezza; mi duole ammettere che “Colibrì Salamandra” è una delusione da diversi punti di vista, compreso quest’ultimo.
Partiamo, come sono solito fare, dallo stile: lento, macchinoso, a lunghi tratti incomprensibile. Degli ambienti sono riuscito a figurarmi poco e niente, degli eventi ancor meno. Di quel poco che si comprende non si ha idea di come ci si sia arrivati perché Vandermeer, forse nel tentativo di caratterizzare la sua protagonista col racconto in prima persona, adotta un timbro particolare che tuttavia non riesce nell’intento e rende la lettura a tratti anche irritante. Tutto questo si intreccia al contenuto: per una storia che vuole evidentemente tingersi di “thriller” e puntare sul mistero, sull’indagine e sui plot twist, è davvero tutto troppo complicato. Non riusciamo a capire chi siano i personaggi che si oppongono alla protagonista, non sappiamo quali siano i loro obiettivi (in fondo, credo non si capisca nemmeno quale sia l’obiettivo della protagonista, anzi penso proprio che non lo sappia nemmeno lei fino alla fine), non sappiamo cosa ha voluto trasmetterci l’autore se non un generico ammonimento su quanto stiamo rovinando il mondo. Non sindacherò sulla poca originalità di una tematica giustamente molto in voga ai giorni nostri, perché la vera bravura dell’autore sta nello sviscerarla in maniera efficace. A parte qualche riflessione (spesso incomprensibile) c’è poco altro a riguardo, in questo romanzo: mi sembra tutto un po’ buttato lì, in una trama complicatissima che nulla ha della complessità di un prodotto science-fiction a stampo “westworldiano”, ma punta sul filone politico-economico-criminale e ne tira fuori la parte più noiosa.
Vorrei concludere con una riflessione. Non mi aspetto che Vandermeer o chi per lui raggiunga le vette di un Bradbury o di un Philip K. Dick: basterebbe solo pensare che quest’ultimo, per esempio, aveva previsto i problemi descritti in questo romanzo decenni e decenni fa, ed era talmente avanti che l’idea di un’estinzione massiva di animali che è il fulcro di quest’opera non era che il contorno, un dettaglio d’un mondo e d’una riflessione più ampia e globale. Però mi aspetto che i grandissimi strumenti forniti da un genere quale è la fantascienza siano usati a dovere, se non per sviscerare in maniera interessante una tematica, quantomeno per creare una storia che coinvolga. Seppur poco propensi all’impegno per combatterli, a capire quali sono i nostri problemi ci riusciamo tutti: il dovere dell’autore non è fornire una soluzione, ma scavare nelle loro profondità, individuarne le cause, innescare riflessioni che possano generare consapevolezza. Magari, la soluzione potrà nascere proprio da queste riflessioni, ma mi dispiace dire che “Colibrì Salamandra” non riesce nell’intento, e si configura anche come una lettura parecchio noiosa.
A malincuore, bocciato.
“«La Democrazia non basta perché non è mai davvero Democrazia. L'-ismo che risolverà tutto questo non è ancora stato scritto, perché esiste in ciò che resterà del mondo dopo di noi, ed è un linguaggio che non sappiamo interpretare. E cosí ci teniamo i nostri ragionamenti fallati, meccanici, che operano in antitesi alla natura biologica dei nostri cervelli. Abbiamo eretto tanti costrutti tossici da non riuscire piú a scorgere il reticolo. Abbiamo tirato su tanti specchi che non ci restano piú finestre da spaccare. Ma dobbiamo provarci lo stesso».”