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Yabba-dabba-doo
Il più grande uomo scimmia del Pleistocene è stato un progressista illuminato, naturalmente ante litteram.
Tutto del resto è ante litteram in questa godibile lettura che nasce, o almeno ottiene tale intento, al fine di divertire e insieme riflettere sul senso del progresso umano, applicando alla storia dell’umanità le categorie mentali prodotte da millenni di storia economica e sociale. Tutta la narrazione infatti gioca sull’effetto di straniamento prodotto dall’accostamento di ominidi, costretti alla lotta per la sopravvivenza, con il pensiero liberista del quale è portavoce il protagonista del titolo e i suoi rampolli, monopolisti e biechi conservatori. In mezzo la rassegna delle principali tappe evolutive nel mezzo della Rift Valley: il bipedismo, il passaggio dal paleolitico al neolitico, la scoperta del fuoco, i tentativi di domesticazione del cane, taciuta invece quella delle piante, la caccia, l’arco e perfino l’istituto del “matrimonio”. Interessante a questo proposito segnalare l’aborto delle prime pratiche misogine, i giovanissimi ominidi infatti, costretti dal padre a ricercare donzelle fuori dal loro gruppo, soccombono ad esse quando prima pensavano semplicemente di piegarle alla loro volontà picchiandole. Una fantasiosa parentesi che abolirebbe quella primitiva idea di primato maschile che ancora stenta a diventare un carattere recessivo. Sono state per me le pagine più divertenti, richiamando alla mente i Flinstones e la determinata Wilma alla prese con l’imbranato Fred. I prodotti tra l’altro sono pressoché coevi ma non saprei dire se correlati tra loro, sicuramente questo è meno spinto visto che la modernità è richiamata solo negli schemi mentali, nelle categorie di pensiero e non coinvolge i beni materiali come accadeva nella fortunata serie televisiva statunitense. Tutto sommato, una lettura piacevole.
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Commenti
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Ovviamente va preso come un gioco, ma è ben scritto e spesso, oltre che arguto, è anche acuto con considerazioni tutt'altro che banali.
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un saluto, Laura.