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La luna è una severa maestra
 
La luna è una severa maestra 2022-03-07 06:54:31 Valerio91
Voto medio 
 
3.5
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
4.0
Piacevolezza 
 
3.0
Valerio91 Opinione inserita da Valerio91    07 Marzo, 2022
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There ain't no such thing as a free lunch

Considerato uno dei grandi della fantascienza del Novecento, la mia prima lettura di Heinlein era per questo motivo carica di aspettative. A differenza di Stanislaw Lem, Heinlein sembra essere un autore più conosciuto, tanto è vero che una persona che mi ha visto leggere il romanzo ne ha tessuto le lodi, lasciandomi stupito.
Devo essere sincero, recensire questo romanzo è molto complicato per me: non posso dire di averlo amato, per diversi motivi, ma non posso neanche dire che non appartenga a una fantascienza di livello superiore, quella che a me piace tanto leggere. Tuttavia, a mio parere, quella di Heinlein è una fantascienza più tecnico-teorica che filosofica, a differenza di quella di Lem e Bradbury, forse più vicina a quella di Asimov. Nessuna sorpresa dunque che io preferisca Ray e Stanislaw a Robert e Isaac. Ciò non toglie che questa lettura ha stimolato in me la voglia di approfondire l’autore, sebbene la lettura mi sia risultata a tratti lenta e difficoltosa: a tratti, infatti, questo romanzo sembra quasi un saggio su come condurre una Rivoluzione, sia a caratteri generali che specifici del contesto qui narrato, ovvero la Luna come colonia penale.
All’inizio l’autore ci introduce uno dei dilemmi principali della fantascienza: può una macchina essere autocoscienze? Il computer più elaborato della Luna è infatti un modello avanzatissimo, capace di calcoli che anche i calcolatori che noi oggi conosciamo potrebbero soltanto sognare, talmente avanzato da sviluppare una sorta di personalità venata di umorismo, sensibilità e irritabilità. Questo computer ha il nome di Mike, ma il dilemma riguardo la sua autocoscienza viene subito accantonato (sebbene sia palese, durante il romanzo, che lo sia) a favore del suo ruolo nella Rivoluzione che gli abitanti della Luna vogliono mettere in atto per liberarsi dal giogo dell’Ente Lunare e della terra, che lo controlla. In base ai calcoli di Mike, infatti, lasciando l’Ente al potere e non ribellandosi alla schiavitù della Terra gli abitanti della Luna finirebbero per morire di fame e stenti nel giro di sette anni. Comincia dunque, da parte di Mike, di un tecnico informatico (il protagonista), un professore e di una donna di nome Wyoming, l’organizzazione di un movimento di ribellione che porterà a quella che sarà una vera e propria guerra contro la Terra.
Questo movimento ribelle vedrà la sua nascita fin dalle prime pagine e Heinlein non tralascerà nemmeno il più piccolo dettaglio riguardo alle problematiche e alle probabili evoluzioni che questo percorso potrà presentare ai protagonisti: così come il computer da lui ideato, l’autore previene qualsiasi obiezione del lettore e non lascia nulla al caso. Questa precisione tuttavia, appesantisce un po’ la lettura sfociando in tecnicismi e dettagli che il lettore non può considerare superflui ma potrebbe trovare piuttosto pesanti e a volte troppo articolati. I momenti di azione, inevitabili dopo tanta preparazione, sono coinvolgenti e soddisfacenti ma vengono pagati a caro prezzo. Dunque, direi che “La luna è una severa maestra” è una fantascienza adatta a chi ama i suoi aspetti più tecnico-teorici, a chi ama Asimov, a chi apprezza una narrazione lineare e impregnata di logica. Chi invece ama la fantascienza che usa i propri espedienti per scandagliare l’animo umano e scrutarlo ancora più a fondo, potrebbe restarne un po’ deluso. Nonostante questo ho intenzione di leggere altro di Heinlein perché, oltre ad essere una penna meritevole, ho la sensazione che la sua produzione possa serbare qualche piacevole sorpresa.

“Dev'essere un desiderio insopprimibile dell'animo umano quello di impedire al prossimo di fare ciò che vuole. Regole, leggi... sempre per gli altri: una prerogativa misteriosa del nostro essere, che dovevamo avere prima di venire giù dagli alberi e che non ci eravamo scrollati di dosso nemmeno quando avevamo cominciato a camminare su due gambe. Nessuno dei presenti si alzava a dire: "Per piacere, approvate questa legge, in modo che io non possa fare più una certa cosa che so che non dovrei fare!". Nyet, tovarish, si trattava sempre di una cosa che non volevano che facesse il vicino. Naturalmente volevano proibirglielo per il suo bene, non perché il sostenitore della proposta sostenesse che la cosa gli dava fastidio.”

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