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La fiaba nucleare dell'uomo bambino
 
La fiaba nucleare dell'uomo bambino 2022-01-25 05:53:08 68
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68 Opinione inserita da 68    25 Gennaio, 2022
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L’uomo-bambino

Una fiaba sul tempo in un tempo che non c’è, almeno per il protagonista, Erzan, l’ uomo-bambino, un violinista sublime che negli anni ha maturato coscienza e anima, è cresciuto dentro ma resta imprigionato, per cause imprecisate, nel corpo di un dodicenne.
Nel cuore del Kazakistan un treno avanza tra la luce e le tenebre in una steppa sempre più spoglia fino a farsi deserto, popolata da innumerevoli specie e animali, poco dagli uomini, una zona di frontiera nei pressi di una stazione di transito nella quale si manifestano esplosioni nucleari improvvise, la risposta sovietica alla corsa agli armamenti cercando di pareggiare gli americani e sorpassarli nel caso di scoppio della terza guerra mondiale.
Erzan ufficialmente ha ventisette anni, comincia a raccontare la sua storia a un passeggero qualunque, l’ infanzia trascorsa in mezzo a due famiglie, al confine con la “ Zona “, sede degli esperimenti nucleari, cresciuto dai nonni, senza padre, una madre sentimentalmente lontana, l’ amicizia speciale con la coetanea Ajsulu, l’ amore per la musica, il violino, lui talento precoce, un’ infanzia e una giovinezza felici, fino a quando ha smesso di crescere.
È il momento in cui si chiede da chi è veramente amato, chi sono gli altri, cosa fare, dove vivere, in una vita che non può essere autentica ne’ come una canzone, imprigionato in un corpo destinato a rattrappirsi per sempre.
Che cosa gli è successo e perché, trattasi di una malattia o di un incantesimo, di certo un mistero che ne guarnisce l’ anima e il corpo, una preda imprigionata in se’ stessa.
Che il suo talento di bambino ne sia stata la causa e che cosa ha invertito il tempo in un’ implacabile versione dello stesso? Difficile dirlo, tutto cambia, proiettati nel futuroattraversando un passato ricco di cultura, di tradizioni, di storia, le persone crescono, il paesaggio muta, le parole scorrono, ma Il corpo di Erzan resta radicato in un infinito presente, prigioniero di se’.
...” Ci si può liberare della propria anima nel crescere e invecchiare del corpo e se questo corpo si arresta nel suo movimento eterno, accade altrettanto all’ anima? “...
E allora potremmo considerare il tempo solo in ciò che è stato e sarà, non in ciò che è, un tempo in cui fermare la bellezza dell’ esistenza, e in cui, una volta trascorso, riconoscersi.
E forse il significato dell’ esistenza di Erzan sta proprio lì, nell’ avere vissuto, nell’ essersi consumato e logorato.
Un autore sorprendente, Hamid Hismailov, una fiaba poetica, seducente, ipnotica, che fa riflettere sul racconto di una vita, su noi stessi, sul senso di infinito e di finitezza, di anima e di materia, in un’ alternanza di reale-immaginario e di sogno-realtà, rimescolando le carte, l’ io narrante, l’ uomo-bambino, altre storie, un flusso narrativo che scorre nel tempo in un luogo non luogo che esiste, lo sguardo rivolto a un vecchio ricurvo e all’ impeto di un bambino mentre si allontanano oltre le case abbandonate nella profondità della steppa.

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