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Istantanee di famiglia
"Tutto il nostro sangue" aveva davvero le carte in regola per diventare uno dei miei romanzi preferiti; viene presentato come una grande saga familiare ambientata a cavallo tra la fine dell'Ottocento ed un lontano futuro post apocalittico (NON distopico, come dice la sinossi!), con l'aggiunta di elementi di realismo magico ed una struttura episodica molto particolare. A sentirne parlare così ammetto che il pensiero è andato subito al mio adorato "Cloud Atlas. L'atlante delle nuvole", ma una tempesta di realtà ha fatto naufragare le mie speranze sulla spiaggia di Accomack Island. Intendiamoci, questo è tutt'altro che un brutto romanzo! la colpa è senza dubbio delle mie aspettative troppo alte, anche perché è oggettivamente difficile tenere assieme tanti elementi diversi in un'unica storia.
La narrazione si ambienta in Virginia, e questa è solo una delle similitudini che ho notato con un'altra mia recentissima lettura; come "La figlia sbagliata", anche questo romanzo infatti affronta temi molto forti ed ha avuto uno stravolgimento totale del titolo nell'edizione italiana, ma questa volta non mi voglio lamentare: certo, "The Shore" era un rimando più chiaro al luogo che fa da cornice alle vicende, ma trovo che "Tutto il nostro sangue" renda meglio l'idea della sofferenza patita dai personaggi, con un accenno particolare agli argomenti centrali della femminilità e della gravidanza.
Il romanzo non presenta una narrazione lineare, preferendo raccontare brevi episodi che hanno luogo in tempi diversi, tutto inizia però con Medora, nativa americana da parte di madre che apprende molte conoscenze legate alle erbe officinali e da inizio alla discendenza protagonista del romanzo. Ogni capitolo racconta di un personaggio diverso, parente o amico di questa famiglia, ed è legato agli altri da tanti piccoli riferimenti -da oggetti ritrovati a persone incontrate- pur essendo staccato a livello temporale. L'autrice include un'ulteriore sfida per il lettore, che non solo è chiamato a cogliere questi elementi per comprendere appieno la storia, ma si trova di fronte a continui cambi dalla prima alla terza persona. In un particolare capitolo, Taylor adotta perfino la seconda persona: una scelta sperimentale ma molto ben studiata perché permette di immergersi appieno nei pensieri e nelle emozioni in un certo personaggio.
Come avrete capito, dal punto di vista stilistico la lettura mi ha convinta appieno. Ho apprezzato molto anche come l'autrice descrive i rapporti tra fratelli e la caratterizzazione di alcuni personaggi; in particolare la mia preferita è sicuramente Chloe, che ho adorato sia come ragazzina impegnata a tenere al sicuro la sorella minore, sia da adulta in cerca delle sue radici. L'elemento di realismo magico, ossia un peculiare potere di alcuni personaggi per controllare le tempeste, è ben sfruttato anche se acquisisce una reale importanza solo nella parte conclusiva.
A questo punto vi chiederete cos'è andato storto tra me e questo romanzo, e la risposta è inaspettatamente la violenza. Suonerà strano, perché io leggo senza problemi un mucchio di libri pieni di ogni genere di maltrattamenti e delitti, ma Taylor ha talmente esagerato che per contro tutto risulta piatto e prevedibile. Oltre un certo limite, anche le scene più scioccanti finiscono infatti per annoiare! e questo è un peccato soprattutto per il capitolo dedicato ad Izzy, che in ogni altro libro sarebbe stato incredibilmente forte, mentre qui è solo l'ennesimo caso di violenza domestica. Bisognerebbe inoltre tener conto che a differenza della sottoscritta ci sono persone molto sensibili ad alcuni temi, e di conseguenza spendere due righe nella sinossi per avvisare il futuro lettore, specie quando c'è una lista di trigger warning lunga da qui fino all'arcipelago delle Shore.
Un altro aspetto collegato alla troppa violenza è quello della ripetitività; pur avendo luogo in tempi diversi, le storie dei protagonisti hanno la tendenza ad assomigliarsi per molti elementi, presentando un pattern tanto disturbante quanto (purtroppo) prevedibile: il focus è sempre su una giovane donna che cresce in una famiglia ultra religiosa e/o dove le botte sono all'ordine del giorno, scappa di casa con un ragazzo random ed inizia una vita etichettata dai cittadini bigotti come dissoluta, rimane incinta e questo porta solo ad ulteriori sofferenze. In un paio di casi poi queste donne riescono a sfuggire questa spirale distruttiva, ma ciò le porta a sviluppare comportamenti tossici a loro volta; per tacere degli uomini, che sembrano per il novanta percento delle merde e per il restante dieci degli smidollati incapaci di opporsi agli altri.
Sarebbe follia pensare che nella realtà queste situazioni non siano presenti, ma mi rifiuto di credere che rappresentino la totalità delle relazioni. Così come mi rifiuto di accettare la velata giustificazione che l'autrice tenta di dare ai comportamenti criminali di alcuni personaggi perché (poverini!) hanno subito dei traumi da piccoli.