Dettagli Recensione
Tra presente, passato e futuro
Dopo trentacinque anni da “Il racconto dell’ancella” torna in libreria Margaret Atwood con un componimento, “I testamenti”, volto a offrire le risposte a quelle domande lasciate irrisolte nell’universo maschilista conosciuto. Siamo alla fine del ventiduesimo secolo e ad intessere il mistero vi è un documento olografo a cui si affiancano le testimonianze di due donne e una iscrizione che ne comproverebbe l’autenticità. Ma cosa ne è stato di Difred? Quale è stato il suo destino?
Tre le voci che conducono le fila (quella della Zia Lydia che trascrive il manoscritto, quella di Agnes Jemina, cresciuta nel regno, e quella di Nicole, cresciuta al suo esterno), molteplice è l’asse temporale che si sposta tra presente e passato in un continuo di ipotesi che non sempre riescono a trovare risoluzione.
Questa continua alternanza di narratori e di spazi/salti temporali tende a confondere il lettore che durante la narrazione perde parte dell’interesse ravvisando nell’elaborato elementi che risultano forzati. È difficile immaginare una certa inamovibilità e staticità di fatti, circostanze e realtà descritta a così tanta distanza dal primo volume.
Mutano anche le emozioni provate. Ne “Il racconto dell’ancella”, che già mi aveva parzialmente conquistata lasciandomi perplessità e dubbi, l’espressione prevalente era quella di un senso di apnea, di oppressione, non ravvisabile in questo nuovo testo ove le situazioni faticano ad essere percepite quali concrete e veritiere.
Nel complesso la trama scorre, lo stile è rapido ma manca qualcosa e quel qualcosa è nel contenuto che è come se fosse eviscerato del suo essere. Convince soltanto in parte.
Indicazioni utili
- sì
- no