Dettagli Recensione
A poco a poco
Questo testo assai datato, in verità, la prima edizione è di oltre mezzo secolo fa, ha di recente ispirato uno degli ultimi racconti lunghi di Stephen King, “Elevation”.
Richard Matheson, a torto ritenuto uno scrittore di fantascienza, si rivela qui per quello che, in effetti, è: oserei dire un fine osservatore della natura umana.
Come altri suoi colleghi, e vale per lo stesso King che ha più volte rilevato quanto sia stato influenzato dalle sue letture, Matheson utilizza un espediente semplice e paradossale insieme.
Inventa una situazione ai limiti del verosimile, la esaspera fino a farla divenire insolita, e che come tale induce sorpresa e spavento, in pratica permette l’irruzione del terrore, del diverso, dell’ignoto nella comune, talora banale esistenza di qualcuno, e poi si limita a descrivere le reazioni dei personaggi coinvolti.
Traendone utili e significative, spesso disperanti, indicazioni sulla natura dell’animo umano.
Così ha fatto per esempio nella sua opera forse più famosa, “Io sono leggenda”.
Un libro che parla del mostro forse maggiormente rappresentato nei cinema di provincia dei suoi tempi, il vampiro; memorabili le interpretazioni del Conte Dracula di attori del calibro di Christopher Lee e Bela Lugosi.
Tuttavia, in generale un vampiro è un’eccezione, e gli umani gli danno la caccia: nel testo di Matheson invece, l’autore ribalta la situazione, lo fa divenire usuale.
La maggioranza delle persone sono vampirizzate, e danno la caccia all’unico umano deciso a non farsi vampirizzare, tenacemente attaccato alla propria umanità, deciso a non perderla.
Questa tenacia, quest’attaccamento alla propria natura umana, si riscontra ancora più evidente in questo romanzo.
In “Tre millimetri al giorno” il protagonista Scott Carey, a seguito di un fortuito ed incolpevole incidente radioattivo, vede sminuire il suo essere uomo, giacchè letteralmente diminuisce, perde inesorabilmente, con crudele progressione, tre millimetri al giorno delle sue dimensioni.
Da buon americano wasp, da ragazzone in buona salute alto e grosso, assiste impotente alla sua progressiva diminuzione, senza nulla potere per farle fronte, e con angoscia prende coscienza della pari contemporanea perdita di solidarietà ed empatia umana nei suoi confronti, da parte di tutti coloro che lo circondano.
Scott è progressivamente, ma inesorabilmente, lasciato solo ad affrontare il dramma che sta vivendo, anziché soccorrerlo e in qualche modo supportarlo nel percorso di presumibile infausto esito, quanti lo circondano, almeno originariamente deputati a considerarsi prioritari nei suoi affetti, lo lasciano a se stesso, lo abbandonano, lo rinnegano con paura, fastidio, disprezzo.
Per i suoi simili oramai è un mostro, un fastidio alla vista, un memento orrorifico da celare, nascondere, ignorare.
Per esorcizzare l’atavica paura per il diverso, il timore di venire in qualche modo contagiati, unti dall’infezione blasfema che lo rende “brutto”, “deforme”, indegno dell’appartenenza di genere, finanche coloro che più lo amano lo scacciano e lo ripudiano.
Scott deve guardarsi anche dai suoi pet, finanche il gatto di casa inizia a considerarlo più un inutile e insignificante trastullo vivente che una possibile, succulenta preda.
Un romanzo quindi che al lettore richiama inevitabilmente i testi del miglior Franz Kafka.
Tuttavia, a differenza di Gregor Samsa con la sua spaventosa metamorfosi, Scott non ha alcuna intenzione di nascondersi.
Tenacemente, non intende provare vergogna, intuisce che sono semmai i suoi simili a doversi vergognare per un simile, inumano, comportamento.
Allora reagisce, prova con tutti i modi di trovare ancora riscontro e solidarietà dai suoi sodali nonostante il suo essere inferiore, sì, ma solo nell’aspetto esterno, ha comunque conservato tutto quanto conferisce dignità a un essere umano.
E quale emozione è da ricercare come conferma di sé, che sia più umana ed empatica dell’amore?
Allora prova a innamorarsi, s’innamora, di una persona quasi alla sua pari, appunto piccola e diversa, ma non per questo priva di umanità: una persona nana, di piccola statura per definizione stessa.
Tuttavia, nemmeno questo funge da salvagente, va ancora perdendo dimensioni, è abbandonato una volta di più da tutti e tutto, deve oramai meramente sopravvivere, guardandosi dal non essere schiacciato con fastidio finanche dai familiari, reagendo con rabbia vittoriosa all’attacco di una creatura un tempo considerato innocuo e trascurabile come un ragno, ora trasformatosi in un vorace mostro pronto a divorarti, da incubo notturno dopo abbondante libagione, ma stavolta del tutto reale.
E giunge quindi il momento zero, quello oltre il quale penetra nella dimensione invisibile a occhio nudo, la sola nella quale può sperare ora di trovare pace, chissà. Sperare…
La speranza, si sa, è una tenace prerogativa tutta umana.
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