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L'Egitto (?) delle rivoluzioni incompiute
Una bella e inattesa scoperta, questo romanzo e questa autrice egiziana in cui mi sono imbattuta grazie a un'amica. “La Fila” racconta una storia quasi surreale, ambientata in un Paese che non si tarda a individuare, non a caso, nell'Egitto di quest'ultimo decennio, sullo sfondo di rivoluzioni e manifestazioni di piazza.
La trama, infatti, ruota intorno alla vicenda di Yahya, un trentotenne rimasto ferito durante quelli che vengono chiamati “gli Sciagurati Eventi”, il quale ha assoluta necessità che gli venga rimosso un proiettile conficcatoglisi nel bacino. Tuttavia, essere sottoposti a un intervento chirurgico è tutt'altro che semplice, occorre un'autorizzazione che soltanto la Porta può rilasciare. Ma quest'ultima, chiusa nel suo silenzio assordante ed emblema di un potere dittatoriale (dietro cui può celarsi quello del deposto Mubarak o quello attuale di al-Sisi, poco importa), sembra avere interesse a insabbiare la scomoda faccenda, mentre una fila di persone, ognuna con la propria personale richiesta da presentare, si allunga a dismisura davanti a essa con il passare delle settimane. Oltre a quello di Yahya, compaiono altri personaggi che, a seconda dei casi, si ritrovano nel mezzo della coda, compreso il dottor Tareq che s'interrogherà a lungo su come comportarsi in merito all'intervento di rimozione del proiettile.
Pubblicato in Italia nel 2018 e due anni prima negli Stati Uniti, il romanzo offre una lettura sotto molti aspetti originale; di certo, è una denuncia lucida e impietosa della realtà che attanaglia purtroppo diversi Stati al mondo. Basma Abdel Aziz, l'autrice, classe 1976, è un'attivista per i diritti umani che, come si legge nella sua nota biografica, ha conosciuto in prima persona le carceri del suo Paese; in ciò che lei racconta non si fa fatica a riconoscere quanto accade nell'Egitto contemporaneo, quello delle rivoluzioni incompiute e delle feroci repressioni di cui è rimasto vittima – lo sappiamo bene – anche il nostro Giulio Regeni, così come migliaia di altri giovani che chiedono soltanto di poter avere un futuro. La tensione, in queste pagine, è palpabile e ci si sente inermi di fronte a un regime astuto, subdolo, mistificatore che tiene sotto scacco i cittadini.
Pur avendo apprezzato il libro ed essendo contenta in generale di questa lettura, non riesco ad andare oltre le tre stelle e 1/2: non si è creata empatia sufficiente tra me e i personaggi che animano la storia e, come lettrice, faccio evidentemente fatica a ritrovarmi in narrazioni dove i tempi risultano sfumati e i luoghi anonimi e privi d'anima; la città in cui si svolge la vicenda potrebbe essere Il Cairo, ma essa si riduce a un non-luogo freddo e burocratizzato, senza tratti distintivi che possano persino affascinare. Forse, giusto per restare in ambito egiziano, sono più per le prose franche e “sfacciate” di 'Ala al-Aswani che chiama ogni cosa col suo nome. In ogni caso, un'autrice certamente da tenere presente e della quale approfondire la conoscenza.
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Ma sai che, come ho letto qua e là, alcuni critici hanno parlato proprio di atmosfere kafkiane in riferimento a questo romanzo? In generale, come ho scritto, sono conetnta di questa lettura, ma evidentemente mi piacciono di più i romanzi in cui ogni cosa viene chiamata col suo vero nome, come appunto in al-Aswani che parla abbondantemente del Cairo con tutta la sua umanità nel bene e nel male. Comunque, può essere un mio limite personale :)
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Noto poi che evidentemente la c.d. "primavera araba" ha creato un clima effervescente anche per la narrativa. E i tuoi giudizi sono preziosi,data anche la vasta esperienza che hai su queste opere.
Grazie ad un tuo suggerimento ho letto l'ano scorso "Sono corso verso il Nilo", trovandolo un buon romanzo, carico di passione civile. In questo caso invece capisco che l'autrice abbia maggiori ambizioni artistiche, e che a tuo giudizio non ha centrato del tutto l'obiettivo.