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La guerra invernale nel Tibet
 
La guerra invernale nel Tibet 2020-02-26 08:37:45 DanySanny
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DanySanny Opinione inserita da DanySanny    26 Febbraio, 2020
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Combattere, fino alla fine

In un mondo postumo a un violento conflitto nucleare, che ha devastato ogni città, inabissato l’Europa, eliminato grossa parte della popolazione mondiale, un mondo illuminato perennemente dalla luce innaturale e livida di un fungo atomico che pervicacemente resiste all’orizzonte, la guerra dei pochi superstiti si è spostata nelle montagne del Tibet, nei labirinti scavati nella roccia, unico luogo dove le radiazioni sembrano non essere letali, dove la vita può perpetuarsi ancora e ancora indefessa, nella sua logica di violenza e sopraffazione. Mercenari assoldati dal’”Amministrazione”, misteriosa e vaga entità che vegeta là dove i governi hanno smesso di legiferare e che per sostenere il peso di una guerra in cui tutti sono sconfitti, ha creato nemici immaginari, o forse amici, colpi di mitragliatrice destinati ai propri amici o ai propri avversari, non c’è differenza. Perché un nemico deve pur sempre esserci, per mantenere l’ordine, per far evaporare gli istinti centrifughi e distruttivi in una società fatta di odio e frustrazione. E così il protagonista, prima soldato fedele al governo e ora deluso da chi, invece di proteggere la popolazione, si è rifugiato sottoterra per preservare i propri interessi, vive il resto della sua esistenza, mutilato nelle gambe, una mitragliatrice saldata al braccio sinistro, un punteruolo fuso sul braccio destro. È con questo punteruolo che incide sulla roccia la sua storia, la storia del mondo, come un uomo primitivo che ha dimenticato altra forma di linguaggio e il lettore lo segue in quello che è forse il delirio di un uomo solo, che non esce da anni dal ventre della montagna, o forse il delirio di due uomini che non sanno l’uno dell’altro, che scrivono e si sovrappongono. Nulla è certo in questo racconto, se non che la scrittura è una forma di memoria, se non che il potere, in ogni forma, vuole solo perpetuare se stesso.

Molti, al solito, i temi che Dürrenmatt condensa in poche pagine: una critica feroce della guerra, il peso della minaccia nucleare all’alba degli anni ’80 del Novecento, le logiche che regolano non solo il potere, ma anche la società (molto ben riuscito, per quanto non semplice da seguire, il paragone tra i processi di fusione nucleare nelle stesse e le dinamiche della società, che sa trovare un ordine e una simmetria tra le leggi della fisica e le leggi umane), la forza della scrittura, l’indispensabile presenza di un nemico da affrontare, senza chiedersi il perché, l’egoismo di chi governa e su tutto la fatale, finale ironia di un mondo che oramai si scopre archeologico, di incisioni che scopriamo solo alla fine essere il testamento dell’uomo nella caverna. In questa regressione allo stato primitivo si innesta, meravigliosamente, il mito platonico della caverna a rimarcare ancora una volta che ognuno, osservando le ombre, potrebbe scambiarle per la verità stessa, ma anche la paura di scoprire che quello che vediamo è solo una finzione. Perché a volte è meglio non sapere. Certo l’ambientazione è meno riuscita di altre volte, la storia meno appassionante, ma l’acume è sempre lo stesso e “La guerra invernale nel Tibet” ricorda, già nell’assurdità del titolo, l’assurdità della guerra.

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Commenti

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Bello il tuo viaggio nell'opera di Durrenmatt. Quale la prossima tappa? Forse "La promessa" o "La morte della Pizia"?
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DanySanny
26 Febbraio, 2020
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Eh ho smaltito intanto dei libri che avevo in casa e che non avevo letto ancora; "La morte della Pizia" l'ho letto, penso andrò con "La promessa" o "La caduta".
Altro autore che devo assolutamente leggere!
siti
27 Febbraio, 2020
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Ah, questo mi manca. Mi hai davvero incuriosito, vado a vedere se è presente nella raccolta Feltrinelli che possiedo.
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DanySanny
27 Febbraio, 2020
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Sì Marianna, recuperalo. Vista anche l brevità dei libri, si legge facilmente. Consiglio di partire da “La panne” comunque!
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DanySanny
27 Febbraio, 2020
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Sì Laura, se è compreso, vale la lettura!
lapis
28 Febbraio, 2020
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Mi sembra un Durrenmatt diverso rispetto a quel che ho letto finora di quest'autore, che peraltro mi piace moltissimo. Interessante!
Ciao, Manu
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DanySanny
28 Febbraio, 2020
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Considera Manuela che io non sono un amante di queste ambientazioni post apocalittiche o comunque violente, infatti ero un po’ titubante. Però come sempre Durrenmatt ha da dire qualcosa di molto interessante.
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