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Niente di magico nelle parole in sé
“Fahrenheit 451” è un romanzo distopico o -come viene descritto da Neil Gaiman nella sua introduzione per quest’edizione- un volume di speculative fiction che immagina un mondo futuro dove vigono leggi molto rigide, tra le quali la proibizione di possedere dei libri cartacei, in particolare romanzi e saggi.
Il protagonista Guy Montag è proprio uno dei pompieri “al contrario” incaricati di bruciare tutti i volumi proibiti, spruzzando il cherosene al posto dell'acqua dalla manichetta; l'uomo inizierà a porsi delle domande sul mondo in cui vive in seguito all'incontro con la giovane vicina di casa Clarisse McClellan, una ragazza spigliata che punta il dito senza timore contro le falle della loro società.
Ben presto, scopriamo che Montag già covava da tempo una forte curiosità nei confronti dei libri fulcro della sua attività, arrivando a sottrarre alcuni volumi dagli incendi appiccati proprio dalla sua squadra,
«Montag però non si mosse e continuò a pensare alla griglia del ventilatore di casa e a quello che aveva nascosto.»
e questo connubio di situazioni lo porterà a dover dare un cambio netto alla sua vita, scegliendo di schierarsi apertamente con coloro che i libri tentano di salvarli.
Anche a causa della relativa brevità del volume, il cast è parecchio limitato ed il personaggio di Montag si guadagna il ruolo preponderante senza troppi sforzi; Bradbury si concentra soprattutto sull'analisi della sua presa di coscienza, segnando una netta evoluzione da pompiere distruttore di libri a loro salvatore. Viene dato parecchio spazio anche al suo rapporto con la moglie: tra lui e Mildred vige una quasi totale incomunicabilità,
«Perché non comprava una radioconchiglia anche lui e parlavano insieme tutta la notte, biascicando paroline, grida, urla o imprecazioni?»
che si estende anche alla maggior parte degli altri abitanti di questa città distopica, tutti desiderosi di annullare i propri pensieri di fronte a televisori che ormai occupano intere pareti dei soggiorni e trasmettono programmi nei quali gli spettatori si sentono talmente partecipi da definire attori e presentatori la loro “famiglia”. L'autore palesa chiaramente la propria critica all'omertà che ha permesso al mondo di raggiungere questo stato di cose, e questo concetto si concretizza nella figura dell'anziano Faber.
Nettamente distinta dalla massa è invece Clarisse; fin dal loro primo incontro Montag percepisce di aver incontrato una persona unica,
«Montag ebbe la sensazione che gli camminasse intorno, come se lo esaminasse da capo a piedi, toccandolo leggermente per vuotargli le tasche ma senza muoversi affato.»
Ci troviamo qui di fronte ad uno strumento narrativo già sfruttato da Zamjatin in “Noi” e poi da Orwell in “1984”, con una figura femminile che smuove la coscienza sopita di un uomo perfettamente integrato nella società; in questo caso però è del tutto assente un interesse sentimentale, inoltre Montag è già parzialmente cosciente e basta davvero poco per innescare la sua trasformazione.
Mi ero interessata inizialmente a questo volume specialmente per la distopia che viene raccontata e, sebbene questo aspetto non venga analizzato troppo dettagliatamente nel testo, mi posso dire molto soddisfatta. Il passaggio dall'utopia alla distopia, ad esempio, si percepisce chiaramente dalle parole di quello che potremmo considerare l'antagonista della storia, ossia il capitano dei pompieri Beatty:
«-[...] Dobbiamo essere tutti uguali: non tutti nati liberi e uguali, come dice la Costituzione, ma tutti resi uguali. Ogni uomo deve essere l'immagine degli altri, perché allora tutti sono felici, [...]»
Sbandierando quindi un nobile fine -la felicità dei cittadini-, il governo attua una serie di azioni tipiche di questo genere, come il controllo pressante sull'informazione pubblica e la riscrittura della Storia a proprio vantaggio,
«-È vero che molto tempo fa i pompieri spegnevano gli incendi invece di appiccarli?
-No, le case sono sempre state a prova di fuoco. Glielo assicuro.»
Ma ciò che maggiormente salta all'occhio del lettore sono le leggi assurde che vengono imposte in questo mondo: non solo il divieto di possedere libri, ma anche un codice stradale che non impone limiti massimi bensì minimi alle automobili,
«-[...] Una volta mio zio cominciò a guidare piano, era sull'autostrada. Andava a sessanta all'ora e lo misero in cella per due giorni.»
Sebbene lo stile dell'autore non mi abbia convito del tutto (ho riscontrato un utilizzo di metafore quasi ridondante), il valore di questo titolo non può essere negato in alcun modo. Un valore che potrà essere compreso soprattutto da chi i libri li ama,
«-Tu non c'eri, non l'hai vista-, disse Montag. -Nei libri dev'esserci qualcosa, non possiamo immaginare cosa, che spinge una donna a bruciare con la sua casa. Dev'essere così, non ti fai ardere vivo per niente.»
e spera possano davvero salvare l'umanità, che anche una storia angosciante come quella di Montag possa offrirci uno sguardo ottimista verso il futuro.
«-[...] Forse i libri possono aiutarci a mettere la testa fuori dalla caverna. A impedirci di fare gli stessi maledetti errori.»
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Ma è una sorta di pietra miliare.
E piuttosto lungimirante, visti anche i tempi attuali