Dettagli Recensione
Ambizioso ma debole
Quando leggo un romanzo o guardo un film, l'autore (o il regista) ha due modi facili per non piacermi: utilizzare violenza gratuita che non ha alcun fine narrativo, oppure linguaggio o contenuti inutilmente espliciti. Nella mia mente queste due cose sono correlate, perché in entrambi i casi c'è un'esagerazione non giustificata da fini "letterari", ma bensì dalla voglia dell’autore di andare sopra le righe. Questo aspetto, pur essendo in parte personale, influisce sul giudizio che dò di un'opera e, a malincuore, devo dire che questo è il caso de “Il libro di Joan” di Lidia Yuknavitch.
Quando un autore, durante la lettura, comincia a risultarmi antipatico, non è affatto un buon segno. Oltre ai motivi sopracitati, ho avuto la sensazione che l'autrice tentasse di mettere in piedi una storia con un’alta ambizione, sia nello stile che nel messaggio, senza riuscire a mantenere le attese che essa stessa crea. Non basta strizzare l'occhio alle masse con temi super-attuali per accaparrarsene il gradimento. Oltre tutto questo, gli eventi narrati procedono in maniera confusa e le descrizioni non sempre riescono a rendere l'idea degli ambienti. Certo, stiamo parlando di un romanzo di fantascienza e alcuni ambienti non è sempre facile immaginarti alla perfezione, ma spesso l'autrice si trova a fare lunghe descrizioni che si dilungano e comunque non chiariscono granché, anzi, confondono ancor di più le idee.
Bene, da questa stroncatura iniziale si potrebbe pensare che io stia descrivendo un romanzo pessimo, ma non è proprio cosi. Il problema principale è, come dicevo prima, aver disatteso l'ambizione che trasuda da ogni pagina. Mi fossi trovato davanti a una storia senza altro obiettivo che esporre sé stessa o poco più, forse sarei stato più indulgente. In questo caso (e me ne dispiace), ho dovuto essere "cattivo".
La storia ha inizio su CIEL: una struttura spaziale che ospita i pochi sopravvissuti di una geo-catastrofe che ha ridotto la Terra a una palla di fango. Gli esseri umani sopravvissuti hanno conservato poco della loro umanità: cambiati nel fisico, distrutti nella mente e ormai incapaci di riprodursi. CIEL è sotto il controllo di Jean De Men, che un tempo era una celebrità del mondo dello spettacolo e nel corso del tempo si è trasformato in un temibile dittatore.
La narrazione si dipana tra due linee. La prima è quella di una sopravvissuta che vive su CIEL,
Christine, una scrittrice di “innesti”: delle specie di tatuaggi che raccontano storie e che ricoprono il corpo di tutti i sopravvissuti. L’altra linea narrativa segue le vicende di Joan, una donna che fin da bambina ha mostrato capacità straordinarie, come il controllo degli elementi naturali. Paladina di una Terra in rovina, sembra essere l'unica in grado di restituire agli uomini quel che hanno perduto.
“La Terra è un cimitero. Punto e basta. Non c’è niente da dire su tutto questo vuoto. Non c’è stato nemmeno un elogio funebre vero e proprio. Penso a tutti i cosiddetti pianeti senza vita che fluttuano là fuori nello spazio. Siamo davvero alla fine della nostra storia? Stiamo per unirci alle galassie dei pianeti che ruotano e fluttuano, abitati da niente e da nessuno salvo che dagli stessi elementi di cui siamo composti noi? Ce lo meritiamo. Per ciò che abbiamo fatto gli uni agli altri. Per ciò che abbiamo fatto a questa sfera su cui ci siamo ritrovati a vivere. Questo bel luogo abbandonato dove un tempo c’era la vita.”
Commenti
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ovviamente non possiedo la verità assoluta, quindi pur non avendo apprezzato particolarmente questo titolo non me la sento di dirti di evitarlo. Se ti affascina, prova. Magari puoi trovarci lati apprezzabili che io ho trascurato :)
Vale.
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