Dettagli Recensione
Top 500 Opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
Distopico è l'uomo
Un autore fuori dagli schemi come Ballard è amato o parimenti mal sopportato. Alcuni lo ritengono privo di senso, inutilmente provocatorio, esponente di un pessimismo superficiale. Dal mio punto di vista libri come “Il condominio”, “Crash” , “La mostra delle atrocità” e questo “Il mondo sommerso” sono esempio coerente di una filosofia dalla quale l'autore non si discosta e non vuole discostarsi. Egli utilizza un timbro non soltanto fantascientifico, ma che spazia tra l'horror, il sociologico, il disturbante. Nel mondo di Ballard l'uomo è in continuo conflitto con se stesso, immerso in una natura di volta in volta malata, collocato in situazioni estreme dalle quali non esce che attraverso la sofferenza fisica e psichica. In questo romanzo breve il mondo nel quale si svolgono i fatti è quello risultante da una serie di tempeste solari, che hanno riscaldato la terra provocando lo scioglimento dei ghiacci rendendo invivibile la maggior parte del pianeta. Lo scienziato Robert Kerans fa parte di una squadra di ricercatori, sotto la protezione del colonnello Riggs, con l'incarico di perlustrare quel che resta di intere città sommerse dalle acque in seguito a questa catastrofe. L'innalzamento delle acque a livello planetario ha creato dei paesaggi fantasmagorici, con fauna e flora costituita da alligatori, rettili vari, zanzare ecc.. che si crogiolano sui tetti di palazzi ormai in disfacimento, tra mangrovie, alberi tropicali, miasmi di palude malsani e terribili. L'atmosfera primordiale influisce sui sopravvissuti di questa civiltà ormai scomparsa: i personaggi sono psicopatici, malnutriti, contaminati dalle radiazioni. Molti sono preda di incubi e follia, dalla quale non rimarrà esente neppure Kerans, che tra la fuga inevitabile assieme ai pochi superstiti nelle aree abitabili sempre più ristrette, è attratto dalla prospettiva di inoltrarsi nelle foreste fangose sempre più bollenti. Un lucido suicidio, un fondersi con l'ineluttabile destino dell'intera razza, preferibile ad una sopravvivenza stentata e patologica. Tutti gli attori del testo, i militari, gli scienziati, la donna di classe, i razziatori seguono il loro inconscio trasformando il paesaggio reale in onirico, creando un moto collettivo auto distruttivo che infine privilegia l'irrazionale come unica via di uscita all'orrore della fine del mondo. Il caos e la morte infine prevarranno sul tutto. Un'analisi spietata ma, come premesso, coerente con la filosofia che pone l'uomo non al centro dell'universo, ma soggiogato da esso, preda degli eventi e vittima degli stessi. Impotente e costretto a camminare verso il baratro. Quindi in definitiva non è una questione di apprezzare o meno elementi stilistici e narrativi, bensì condividere o meno un'etica e una visione che si deve ammettere assai originale.