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Libri svolazzanti come farfalle carbonizzate
Il fuoco. Un tema caro alla letteratura di ogni secolo, che si perde nella notte dei tempi. Forza distruttrice e insieme purificatrice, da sempre elemento sacro. Uno dei quattro elementi, per il quale Prometeo perse la benevolenza degli dei. Da sempre acceso in alcuni templi antichi, tra cui quello delle sacerdotesse Vestali, che dovevano custodire le fiamme sacre ed evitare che si spegnessero. Il fuoco è energia, calore, bellezza distruttrice.
Per quanto purificatore, col fuoco non si scherza e neppure Ray Bradbury lo fa.
Tanto per evitare problemi, l’autore decise di pubblicare il suo romanzo distopico e provocatorio sulla rivista “Playboy”, nel 1953, come estensione del suo romanzo breve “The fireman” (da Wikipedia).
Negli anni ‘50 in America la radio, la tv stavano conquistando fette sempre più larghe di popolazione e il Bradbury, con una perspicacia inaudita ai suoi tempi (se escludiamo Huxley ed Orwell), sentiva di dare un monito al mondo, di metterlo in guardia da questi media che erano destinati, come si è rivelato poi nei decenni successivi, a manipolare le coscienze attraverso una degenerazione dell’informazione.
Non dirò ciò che è stato già detto sul “Quarto potere”, sul lavaggio del cervello e sulla cattiva informazione che, nell’era digitale, a causa di un sovraccarico di informazioni genera confusione e sbandamento.
Neil Gaiman nella “Prefazione” sottolinea lo scopo di Bradbury che vuole ammonire far riflettere chi legge sui pericoli di questa informatizzazione di massa:
“Se continua così, la comunicazione globale avverrà soltanto attraverso messaggi di testo e via computer, mentre la conversazione faccia a faccia tra due persone, senza la mediazione della macchina, sarà fuorilegge”
Nel mio modesto commento voglio soltanto dare le mie impressioni di lettura.
È un bel libro sotto le duecento pagine, si legge con piacevolezza, magari con qualche difficoltà all’inizio dovuta alla necessità di familiarizzare con l’ambientazione futuristica sullo sfondo della quale si dipanano le vicende del pompiere Guy Montag.
Quest’ultimo, trentenne, dopo dieci anni di onorato servizio col lanciafiamme (si badi bene, col lanciafiamme e non con la pompa per spegnere gli incendi) in seguito ad alcuni fugaci chiacchiere con una diciassettenne bizzarra, Clarisse, va in crisi, comincia a vedere la realtà da un altro punto di vista che gli era completamente offuscato, preso dalla passività con cui aveva accettato di bruciare gli strumenti per liberare il pensiero: i libri.
Insieme ai suoi colleghi pompieri anziché spegnere gli incendi e salvare cose e persone, appicca fuoco ai libri, poi alle case e quando, preso da” raptus” lancia cherosene anche addosso alle persone, Montag tocca il fondo e comincia la sua crisi esistenziale.
Aveva già di nascosto salvato alcuni libri dal rogo legalizzato, tuttavia è proprio quando pensa a quella donna che aveva preferito farsi bruciare viva insieme ai suoi libri e che, prima di morire lo aveva guardato con gli occhi accusatori “toccando il cuoio e il cartone delle rilegature, scorrendo i titoli dorati con le dita” come se fossero gli oggetti più cari che possedeva, che il protagonista comincia a ribellarsi, ad opporsi anche se all’inizio un po’ confusamente, all’ordine costituito.
Cosa c’è dentro ai libri di così prezioso? Perché alcune persone preferiscono farsi bruciare piuttosto che vivere senza leggere? E perché l’ordine di chi sta al vertice è quello di sopprimere la cultura? Cosa c’è di così sovversivo nei libri?
Perché i pompieri sentono questa sensazione di liberazione mentre vedono volare via fogli di libri come farfalle annerite? Che piacere c’è nel radere al suolo intere biblioteche?
Ci risponde Beatty, il capo di Montag:
“La bellezza del fuoco sta nel fatto che distrugge responsabilità e conseguenze. Quando un problema diventa fardello, lo butti nella fornace e scompare. (...) Niente che possa poi marcire: pratico, estetico, antibiotico”.
Qualcuno potrà far notare che manca una figura femminile forte. Mildred non è un personaggio positivo, tutt’altro. Io rispondo che sono in realtà due le figure femminili, seppur molto fugacemente, a fare la differenza nella vita di Montag. Clarisse, la giovane e “folle” diciassettenne, che indugia nella natura, nei suoi colori, nei suoi profumi, che vive in una famiglia senza televisore e la donna che si lascia bruciare insieme ai suoi libri. Non basta questo a far zittire le voci sul presunto maschilismo di questo romanzo?
Lascio poi a voi i passi più belli sulla meraviglia e l’importanza di leggere che avrete voglia di segnare nell’angolino del vostro cuore di lettori.
La sensazione che si prova nel leggere “Fahrenheit 451” è angoscia pura e traspare dalle pagine; ci sono dei passaggi che ho trovato quasi ipnotici e stranianti. La solitudine nella vita in generale ed anche nella coppia -penso a Montag e sua moglie Mildred- sono attuali. Attraverso le pagine il lettore si immerge nella stessa tristezza che attanaglia il cuore del protagonista. A tal proposito devo proprio trascrivere questo passo che mi ha colpito profondamente, in riferimento alla distanza tra i due coniugi: “Montag dormiva in un angolo della stanza piuttosto lontano da lei, su un’isola d’inverno separata da un mare deserto”.
Solitudine, incomunicabilità, coscienze addormentate, consapevolezze anestetizzate, si troverà un varco in mezzo a tanto fumo e pagine di libri come farfalle carbonizzate?
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Commenti
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Il titolo è in tema col caldo africano!
Buon proseguimento di letture!
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