Dettagli Recensione
Il canto dell'uomo
Altro romanzo post-atomico, altra sfaccettatura interessante della questione.
Nevil Shute ha deciso di trattare quello che sarebbe il risvolto più drammatico che una guerra nucleare potrebbe generare: quello in cui non rimane scampo. “L’ultima spiaggia” non è il racconto ci come la razza umana provi a ricominciare dopo il disastro, non è il racconto di come alcuni uomini riescano a salvarsi da una morte inevitabile; “L’ultima spiaggia” è il racconto di come la razza umana si possa ritrovare a far fronte a un male impossibile da evitare e di come possa decidere di spendere gli ultimi momenti che gli restano sulla faccia della terra. È interessante, perché non tutti gli scrittori possiedono l’audacia del non lasciar scampo; non tutti riescono a resistere all’impulso di donare all’umanità quello spiraglio che gli permetta di preservarsi. Nevil Shute ci riesce, ma dipinge un quadro che nonostante l’ineluttabilità della fine risulta più piacevole di molti di quelli in cui la razza umana scampa alla morte, ma si abbandona alla barbarie. In questa storia non c’è scampo, ma non c’è nemmeno barbarie: ci sono esseri umani che decidono come spendere gli ultimi istanti, ci sono persone che tentano di conservare la propria dignità nonostante tutto e che si abbandonano a tutto ciò che hanno amato e ci si spendono fino all’ultimo secondo.
Un’umanità che solo nel momento della propria fine riesce a mostrare il meglio di sé, a esibirsi nel proprio personale “canto del cigno”.
La guerra è ormai al termine ed è stata una guerra breve, oltretutto degenerata per puro caso. Il destino dell’uomo sarebbe davvero appeso a un filo, nel momento in cui strumenti di distruzione di tale portata si ritrovino nelle mani di tutti; la probabilità che finiscano nelle grinfie di uomini disturbati aumenterebbero sensibilmente. È così che è andata a finire e i pochi sopravvissuti attendono che arrivi il proprio momento; attendono che le radiazioni sospinte dal vento raggiungano, alla fine, anche loro. Nonostante questo proseguono nella propria vita come se l’avessero ancora davanti nella sua interezza; certo, fino a un certo punto. Il racconto si focalizza su vari personaggi, che ruotano tutti sulla figura centrale che è Dwight Towers: comandante del sottomarino Scorpion, che si imbarcherà in varie spedizioni verso le zone già “ammazzate” dalle radiazioni, nella speranza di confermare teorie scientifiche che possano regalare un minimo di speranza. Ma non sono le spedizioni del sottomarino a essere al centro di questa storia: al centro ci sono i rapporti che si creano tra quegli uomini che non sono stati ancora raggiunti dalle radiazioni, ma che lo saranno presto e sentono quella nube di morte avvicinarsi giorno dopo giorno.
Una storia che riesce originale, discostandosi da una massa che tende a ripetersi.
“Sapete, ora che mi sono abituato all’idea, preferisco che sia così. Dobbiamo tutti morire un giorno o l’altro, presto o tardi. Il guaio è che non siamo mai pronti, perché non sappiamo quando toccherà a noi. Bene, ora lo sappiamo e non ci possiamo fare nulla. L’idea non mi dispiace. Mi va di pensare che rimarrò in buona salute fino alla fine di agosto e poi… buona sera. Meglio così, piuttosto che vivere una vita da invalido dai settanta ai novanta anni.”