Dettagli Recensione
La società del dopobomba
Trovandomi in una fase in cui devo accumulare quante più idee e informazioni possibile per il prossimo libro che scriverò, questa sarà solo la prima recensione, di varie che seguiranno, su opere narrative che hanno al centro della propria trama le conseguenze di un probabile conflitto atomico, immaginate da autori diversi.
Come non cominciare allora da uno degli autori che di una Terra devastata ha parlato in moltissime opere e in tante salse diverse? Philip K. Dick è stato certamente uno degli autori più visionari di tutti i tempi, e ancora oggi dalle sue opere sono tratti infiniti spunti per realizzare film, serie televisive e anche altre opere narrative. “Cronache del dopobomba” non è forse una delle sue opere meglio riuscite, ma contiene certamente vari spunti di riflessione riguardo al probabile destino degli esseri umani. Nei confronti dell’umanità, Dick ha sempre nutrito dei sentimenti contrastanti: pur nutrendo una forte sfiducia nei loro confronti, non manca mai di fornirci un pizzico di speranza riguardo la sua redenzione e sopravvivenza. In questo libro, oltre a concentrarsi sulla sopravvivenza, l’autore sembra concentrarsi sulla capacità che hanno gli esseri umani di risorgere dalle proprie ceneri, di saper ripartire e rimettere in piedi quanto di buono hanno conquistato nel corso dei secoli, ma anche la loro innata propensione a ripetere gli stessi errori del passato.
Per quanto il mondo possa cambiare, gli uomini in fondo sono sempre gli stessi, nel bene e nel male.
Questa storia ha inizio poco prima dello scoppio della guerra nucleare che metterà in ginocchio l’umanità. Stuart McConchie, impiegato di un negozio di televisori, sta spazzando il marciapiede di fronte al suo luogo di lavoro e osserva un uomo che entra nello studio di uno psichiatra. Questo personaggio misterioso sarà la chiave degli eventi che si scateneranno subito dopo, ma l’autore si divertirà a giocare con il lettore facendone vacillare ogni certezza.
Dopo il conflitto atomico, i sopravvissuti si organizzano in delle specie di comunità dove i ruoli che ogni uomo possedeva prima della tragedia possono essere profondamente mutati; possono aver perso completamente importanza o aver acquisito una funzione vitale. Tra questi ultimi c’è il focomelico Hoppy Harrington, un ragazzo senza braccia e senza gambe che però è un tuttofare strepitoso. I tuttofare sono la figura più ricercata di tutta la società umana del dopobomba. Dunque Hoppy Harrington, che prima della guerra nucleare era considerato alla stregua di uno scherzo della natura, si ritrova a possedere un’influenza e un’importanza che lo porterà a coltivare un’ambizione smodata. Oltre questo, Hoppy ha sviluppato delle mutazioni che gli permettono di fare delle cose incredibili e che lo rendono temibile agli occhi di tutti.
“Cronache del dopobomba” è la palese dimostrazione che l’uomo è una specie difficile da estirpare, così come sono difficili da estirpare i suoi lati negativi: non importa quanto sia stata dura la lezione, l’uomo possiede nella sua natura qualcosa di inspiegabile che lo porta a compiere errori su errori.
In fondo a quel tunnel che è l’anima umana, tuttavia, a volte può nascondersi una luce.
“I problemi che ai vecchi tempi ci sembravano importantissimi, pensò… l’impossibilità di sottrarsi a una relazione umana infelice. Adesso apprezziamo qualsiasi relazione umana. Abbiamo imparato molto.”