Dettagli Recensione
L'America Post Apocalittica
Sulla scia del grande successo prima fiacco e poi fortunato (grazie alla trasposizione cinematografica) di “Fight club”, classe 1996, Chuck Palahniuk torna in libreria con “Il libro di Talbott” (Mondadori), opera che di questo successo d’esordio ha molto ma che al contempo si spinge oltre, portando alle massime conseguenze le vicende e gli eventi. Tutto ha inizio a causa di un libro nero-blu, un pamphlet, che circola a macchia d’olio tra le persone enunciando e siglando direttive rivoluzionarie e annunciando l’imminenza – tramite la voce degli spot pubblicitari di Talbott Reynolds – del cd “Giorno dell’Aggiustamento”. In vista di ciò un gruppo di ragazzi come tanti crea una lista di persone da uccidere, o comunque da privare di un orecchio (e per la precisione, che sia l’orecchio sinistro!); uomini e donne che fanno parte dell’èlite della società americana essendo politici (la cui colpa è quella di mandare in guerra una intera generazione di giovani, in parte perché difficili e quindi ingestibili, in parte per far fronte al sovraffollamento degli esemplari maschili rispetto ai femminili, dunque, da ciò, perché studiare, perché impegnarsi se sei già uno zombie che cammina, tanto vale sballarsi con droghe, sesso e alcol), professori (che rappresentano i detentori del pensiero e che per questo hanno commesso il reato di indurre a pensare, a riflettere, ad interrogarsi e da qui, male ai libri che sono il nemico per eccellenza), giornalisti, notabili e chi più ne ha più ne metta, l’importante è alimentare l’odio. Perché questa lista e i principi di questo libro circolano nel web, cadono in balia degli Haters diventando un mantra inarrestabile.
Ma non è ancora finita, per niente. Perché mentre questa ribellione ai potenti da parte di chi ha deciso di non esser più carne da macello per l’ennesima guerra in Medio Oriente si diffonde, contemporaneamente, con la Dichiarazione di Interdipendenza, gli ormai ex Stati Uniti vengono ridefiniti nel loro essere attraverso criteri razziali che distribuiscono e suddividono gli abitanti in base al colore della pelle, alle preferenze sessuali, alle idee. Il risultato ultimo è la creazione di tre nuovi stati-nazione: la Caucasia (dove vengono confinati i bianchi), Blacktopia (lo stato destinato alle persone di colore) e Gaysia (ex California ad oggi dedicata esclusivamente alle persone omosessuali, un po’ come la Grecia nell’opera di Fabio Canino, classe 2016, intitolata “Rainbow Republic. Romanzo distopico gay”, ma con le dovute differenze). Tra le conseguenze di questo fenomeno vi è l’esodo degli ex statunitensi verso il Messico, Messico che chiude le frontiere per il surplus di esuli americani, i quali, pertanto sono costretti a vivere in un inferno senza via d’uscita. A movimentare una trama già di per sé fortemente articolata, si aggiungono una serie di circostanze e vicissitudini che romperanno il disequilibrio creato, perché questa America post apocalittica deve dire la sua e ha ancora molto altro da dire.
Una vera e propria satira è “Il libro di Talbott” del noto freelance statunitense, un elaborato intriso di paradossi, intriso di vicende portate ai massimi estremi del loro essere, intriso di una miriade di personaggi presentati in modo irregolare, senza, quasi, un filo logico di congiunzione. Questo è determinato anche dal fatto che lo scrittore tende a mutare voce narrante di paragrafo in paragrafo, presentandoli quasi tutti insieme, e di poi, distanziandoli e rimescolandoli e reintroducendone di nuovi nel proseguire del testo. Il conoscitore, dunque, soprattutto nella prima parte, fatica un po’ ad entrare in sintonia con il componimento anche perché non solo mutano gli elementi anzidetti, ma varia anche lo stile adottato a seconda del protagonista narrante che assume connotati tipicamente adolescenziali, abbreviati e troncati (vedi ‘sto) con le voci più giovani e autorevoli con quelle più adulte. Non solo, a ciò occorre aggiungere che poiché lo scritto è una vera e propria ironica derisione degli Stati Uniti che vengono analizzati e scrutati con un occhio ipercritico che nulla lascia al caso e che nulla vuol risparmiare, ancora più complesso è per chi vi si avvicina da oltreoceano conoscere e coglierne ogni sfumatura.
Altra nota che non passa in secondo piano è certamente il costante riferimento ad autori della fantascienza del ‘900 e alle opere relative. Tra queste spicca costantemente senza remore “Fahrenheit 451” di Ray Bradbury.
In conclusione, “Il libro di Talbott” è un distopico impegnativo, con molteplici significati e spunti di riflessione, adatto a chi conosce molto bene la società americana e a chi ama il genere. Il rischio è altrimenti è quello di cadere vittima di questa prolissa e stratificata impalcatura narrativa tanto stilistica che contenutiva.
Indicazioni utili
- sì
- no
No = a chi non ama il filone, a chi non è interessato alla tematica e/o non apprezza questo tipo di stile narrativo.
Commenti
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Consiglio la lettura di questo volume soltanto agli appassionati del genere e a chi conosce già l'autore.
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