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Stand-alone mancato
Mi sento divisa sul giudizio da dare a questo romanzo: se lo si considera come un volume a se stante, la valutazione potrebbe risultare abbastanza positiva, in special modo per il ritmo incalzante della narrazione; d’altro canto, questo è il terzo capitolo della trilogia del Mago Nero e, almeno nelle intenzioni dell’autrice, parte integrante della serie. Sotto quest’ottiva, l’impressione positiva sul romanzo viene abbondantemente svalutata perché esso va in netta contraddizione con quanto spiegato nei primi capitoli.
La Canavan punta molto sui plot twist nella parte iniziale del volume, ed è proprio questo a spazzar via quasi un migliaio di pagine nelle quali veniva detto e ridetto quanto la magia nera fosse cruenta, nonché difficilissima da apprendere, e quanto Akkarin fosse il male in terra. E qui cosa si scopre? che la magia nera si può imparare in due secondi, e non prevede necessariamente pratiche sadiche, e il Sommo Lord è il salvatore di Kyralia, dal passato tragico e tormentato ovviamente (mancavano solo le cicatrici sulla schiena e poi era perfetto anche per un Harmony).
Con Akkarin diventato un Orsetto del Cuore, la trama aveva bisogno di un nuovo antagonista, quindi ecco profilarsi all’orizzonte gli Ichani, maghi neri reietti che vogliono vendetta per una guerra di 200 anni prima tra le Terre Alleate (aka la Corporazione) e Sachaka. È evidente che le motivazioni dei nemici non sono particolarmente efficaci neppure in questo capitolo, ma ancor più ridicola è la loro -tardiva- entrata in scena: sembrano un branco di teppistelli giunti a vandalizzare la capitale, ignorando totalmente il resto del regno.
L’inizio della storia ci proietta diversi mesi dopo al fine de “La scuola dei maghi”. Sonea è sempre ostaggio di Akkarin, ma dopo qualche lettura sulla magia nera e un paio di commenti su quanto il mago sia affascinante ed è pronta ad implorarlo di insegnare anche a lei la magia superiore; insegnamento che occupa giusto una paginetta e non risulta affatto difficoltoso. Inoltre, la magia antica (sì, è sempre la stessa) non è collegata per forza a pratiche malvagie, mentre quella curativa si rivela ben più letale, se necessario.
Parallelamente, si continuano a seguire le vicende di Dannyl, Lorlen, Rothen e Cery. Il primo ottiene una storyline abbastanza slegata dalla storia principale, ma incentrata soprattutto sull’evoluzione caratteriale; gli altri maghi non hanno funzioni eccessivamente incisive, mentre il giovane Ladro torna in scena con un ruolo ben più importante, sia per la trama orizzontale sia per la sua crescita. Come nei volumi precedenti, la storia si divide in due parti, con la prima occupata da lunghi spiegoni sulla figura del Sommo Lord e sulla minaccia degli Ichani e la seconda che vede finalmente l’arrivo di questi maghi neri e la battaglia per salvare Imardin.
Ancora una volta, la Canavan si perde spesso in dettagli davvero superflui, procedendo a velocità ridotta, salvo poi ingranare la quinta in scene che avrebbero meritato maggiore attenzione, come il racconto della prigionia di Akkarin a Sachaka. L’autrice sembra incapace di adottare un ritmo narrativo intermedio.
Colpa ben più grave è l’inserimento di personaggi inutili: ne sono un esempio abbastanza evidente Savara, il cui ruolo sarebbe potuto essere ricoperto da altri, e i vecchi nemici di Sonea, Lord Fergun e Regin, con il primo che torna in scena dalla fine de “La Corporazione dei maghi” solo (e sottolineo, SOLO) per essere ucciso. Sul serio, non gli hanno concesso neanche una battuta. Inutile è un aggettivo che si adatta bene anche all’esilio di Sonea ed Akkarin, visto che non serve per convincere la Corporazione della minaccia rappresentata dagli Ichani; per non parlare della “missione” di spionaggio di Rothen e delle apparizioni fugaci del sovrano, da me tanto atteso nei primi due libri a che si rivela nulla più di una debole macchietta.
Il ruolo giocato dai Ladri mi ha invece stupito perché, seppur il loro aiuto risulti fondamentale per salvare la città, rimangono pur sempre l’equivalente kylariano della mafia nostrana (ci sono chiarissimi riferimenti al pizzo e alla loro influenza in ogni attività criminale) e su questo aspetto l’autrice sorvola con scioccante tranquillità.
E se ritengo inammissibile trasformare con leggerezza criminali in eroi, provate ad immaginare quali siano i sentimenti riguardo al feroce maschilismo che permea l’intera trilogia. Come già accennato nei precedenti commenti, escludendo la protagonista, i personaggi femminili -quelli con almeno una battuta di dialogo, non semplici comparse- si possono letteralmente contare sulle dita di una mano. Nei panni dell’eroina poi, Sonea non brilla per acume o fermezza e la sua sola decisione individuale è di rimanere vicino ad Akkarin: e c’è chi l’ha inserita tra le più forti protagoniste nella letteratura fantasy!
Arrivata infine al termine di questa trilogia, vorrei segnalare a chi fosse interessato che esistono un volume prequel ed una seconda trilogia sequel. Per quanto mi riguards, cito la Vanoni: io mi fermo qui.
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