Dettagli Recensione
Top 50 Opinionisti - Guarda tutte le mie opinioni
L'utopia del consumismo
Tra i maestri della distopia novecentesca, Huxley è stato di certo uno dei più visionari e lungimiranti: romanzi come “1984” nascono dall’esperienza drammatica della Seconda Guerra Mondiale e ne sono quasi una trasposizione su carta, mentre “Il mondo nuovo” già agli inizi degli anni ’30 delineava un governo totalitario in grado di plagiare le menti delle masse per mutarle in un mero strumento da utilizzare per i propri fini.
Di base, la realtà creata da Huxley ha tutti i presupporti per essere un’utopia anziché una distopia; infatti l’intero pianeta è unito in un solo Stato sovrano e ciò ha portato alla fine di ogni conflitto. La perfezione di questo mondo non si limita all’assenza della guerra, ma si basa soprattutto sul benessere personale dei singoli individui, che qui vivono seguendo con rigore il dogma del “carpe diem” e, senza pensare con rimorso al passato o con aspettativa al futuro, si godono al massimo un presente in cui lo Stato da un lato incoraggia la promiscuità sessuale e dall’altro fornisce gratuitamente una droga innocua che permette di sopportare la vita quotidiana.
Partendo da siffatte premesse, il mondo nuovo sembra in fondo perfettamente vivibile, ma subito al lettore viene presentato l’altro lato di questa società idilliaca: gli individui non vengono più partoriti e cresciuti nelle famiglie, bensì creati nei laboratori governativi (addirittura clonati, al fine di ottenere un domani gruppi di lavoratori perfettamente sincronizzati) e poi condizionati per tutta l’infanzia per farne adulti pronti a svolgere il loro ruolo nel mondo, sia come manodopera già predisposta ad una certa attività sia come consumatori. Lo Stato si trova così a governare degli individui dei quali, sulla carta, soddisfa ogni desiderio, ma che in realtà desiderano soltanto ciò che possono ottenere o a cui sono destinati.
Oltre agli evidenti intenti di critica e riflessione, il romanzo possiede anche una trama strutturata, seppur messa in secondo piano; si tratta di una vicenda narrata in modo corale, scelta che rende quasi tutti i personaggi dei (potenziali) protagonisti. Il filone principale riguarda il Selvaggio John che, dalla riserva in cui lo Stato permette la sopravvivenza di alcune persone che ancora vivono “alla vecchia maniera”, giunge nella futuristica Inghilterra; forse è proprio nel confronto con i selvaggi che la meccanicità dei nuovi mondani si evidenzia in modo più accentuato, specie quanto questi ultimi ripetono in modo robotico delle frasi apprese grazie all’ipnopedia.
Tra i personaggi, Linda è di certo quella che più colpisce il lettore per la sua storia tragica e per il modo in cui ne parla, tanto da provare il suo stesso senso di angoscia al pensiero di trovarsi soli e completamente isolati dalla sola e confortante realtà conosciuta. Decisamente più arduo è empatizzare con Bernard: se da un lato è inevitabile provare pena per chi è vittima della sfortuna, dall’altro il suo carattere strafottente e al contempo pavido lo rende odioso.
Uno degli aspetti più peculiari del mondo nuovo è sicuramente il ribaltamento riguardo al senso del pudore: ad esempio, i bambini sono spinti alla pratica del cosiddetti giochi eroticim mentre è considerato molto imbarazzante parlare delle figure dei genitori.
Lo stile dell’autore è scorrevole e dinamico, e tale si mantiene anche nei saggi che compongono “Ritorno al mondo nuovo”.
Ad alcuni anni di distanza infatti, Huxley riprende quanto narrato nel suo romanzo e lo confronta con la sua realtà contemporanea, trovandovi ben più somiglianze di quante se ne attendesse all’epoca della stesura. Da questo paragone nasce una serie di saggi brevi e semplificati, ma non per questo incapaci di far riflettere e validi ancor oggi, specie quando toccano il tema del condizionamento causato dai mass-media, capaci come e meglio dell’ipnopedia di persuadere l’individuo ad un determinato acquisto.
Essendo stati scritti dopo il conflitto mondiale, i saggi risultano in gran parte pessimistici sul futuro dell’umanità, e non mancano parecchie stoccate all’indirizzo di Orwell e del suo “1984”, a detta di Huxley meno vicino alla realtà della sua opera.
A mio avviso, con i suoi saggi, lo scrittore intendeva comunicare un forte appello affinché la libertà di pensiero venga concessa a tutti.