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E se fossimo noi gli alieni?
Spagna, 1992: immaginatevi un E.T., fatto, però, di intelletto allo stato puro, che atterra in missione scientifica nei pressi della caotica città di Barcellona. La città è resa ancora più turbolenta del solito dai lavori per l’imminente Olimpiade che si terranno di lì a pochi mesi. Gli scavi stanno sconvolgendo ogni angolo della metropoli, i prezzi sono alle stelle e la gente è nevrotica. Immaginatevi, poi, che il nostro extraterrestre perda i contatti (mentali) con il suo compagno e subordinato gerarchico Gurb che aveva il compito di svolgere le prime perlustrazioni sul pianeta. Ligio al dovere si metterà alla sua caccia. Camufferà abilmente (?) l’astronave da grazioso (??) “appartamento unifamiliare, trilocale, doppi servizi, giardino e piscina condominiali, ottime facilitazioni”, e si mimetizzerà abilmente (???) da terrestre per cercar di passare inosservato. Peccato che i travestimenti, tratti dal suo catalogo delle fisionomie umane, contemplino l’aspetto di Gary Cooper in “Mezzogiorno di fuoco”, del conte-duca di Olivares (probabilmente in abbigliamento d’epoca), di Papa Pio XII, del Duca e della Duchessa di Kent, dell’ammiraglio Yamamoto e di altri improbabili personaggi.
Con il passare dei giorni imparerà ad evitare le buche stradali, ad alimentarsi con hamburger, anche se da accurata analisi risulteranno contenere pure resti di animali pleistocenici e di oggetti sicuramente non edibili come una racchetta da volano, a trattare con garbo le persone che incontra senza finire sempre in commissariato, ad acquistare una abitazione (prenderla in affitto sarebbe stato fuori questione, visti i prezzi alle stelle del momento!!!). Alla fine le abitudini dei terrestri ed il gusto per il loro cibo ed i loro vini, prenderanno il sopravvento su di lui. Anche il suo giudizio sulla specie umana e sul nostro pianeta, inizialmente pesantemente negativo, muterà; forse sboccerà in lui pure un amore non corrisposto. In fin dei conti, a missione conclusa, ritrovato Gurb, non è detto che farà ritorno al suo pianeta d’origine.
Ho scoperto casualmente, ormai tantissimi anni fa, “Nessuna notizia di Gurb”. Già dalle prime pagine s’è rivelato essere un diamante preziosissimo della letteratura umoristica tanto da farmelo giudicare, alla fine uno dei più esilaranti libri che abbia mai letto. Mendoza è riuscito a contrabbandare una sagace satira del nostro mondo, delle nostre ipocrisie, delle nostre imperfezioni e dei nostri tic mimetizzandola sotto le mentite spoglie di un racconto di fantascienza.
Il povero extraterrestre protagonista, il quale relaziona nel suo diario di bordo con diligente puntiglio tutto quanto va facendo e scoprendo, ci fa assistere ad una infinita serie di gag che, come ha osservato acutamente Manuel Vasquez Montalban, richiamano la comicità surreale dei fratelli Marx o (direi io) dei Monty Pyton; questo senza, però, perdere il filo di una intelligente analisi della società moderna. La lettura è agilissima e lo stile di Mendoza, ottimo in romanzi meno scherzosi, è impeccabile anche nel genere comico. L’idea di scandire le azioni con una precisa cronologia, in giorni, ore e minuti, non frammenta la narrazione, ma, anzi, consente di sottolineare quei tempi comici che necessitano di un breve intervallo tra la premessa dell’azione ed il suo risultato, ovviamente inaspettato ed esilarante. I 25 anni trascorsi dalla sua pubblicazione non ne hanno alterato la freschezza, forse, anzi, adesso siamo anche peggio di quanto non fossimo nel 1992.
Per concludere ritengo che “Nessuna notizia di Gurb” sia un libro imperdibile. Personalmente lo considero, assieme al “Bar Sport” di Benni, una delle poche medicine infallibili contro la melanconia. Se mi sento un po’ giù, lo tolgo dalla libreria, soffio via quel po’ di polvere che si è depositata sopra e, apertolo anche a caso, inizio a ridere ed a scacciare i cattivi pensieri.
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Direi di sì: la comicità è pulita e mai volgare. Diciamo che un tredicenne (o un suo quasi coetaneo) farà fatica ad acclimatarsi in un mondo privo di telefonini (ne compare solo uno in mano ad un manager esagitato), con persone che parlano e non chattano, in una Barcellona ormai abbastanza lontana nel tempo. Ma per il resto non c'è nulla di "diseducativo", nel senso più pieno del termine. Tra l'altro, il modo di scandire l'azione, con la cronologia indicata a lato, e lo stesso svolgersi dell'azione (azione/reazione/controreazione), l'uso dei tormentoni comici, ricordano molto certe gag cabarettistiche che non passano mai di moda.
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Aggiungo una annotazione: come ho scritto, l'Alieno si "traveste" da vari personaggi terrestri famosi i quali, però, poco diranno ad un teenager. Talvolta, quindi, per apprezzare l'aspetto comico di un travestimento da... (ad esempio) Manuel Vasquez Montalban, sarà necessario qualche approfondimento esterno, ma tutto sommato ciò non è affatto un male; anzi...
complimenti per la recensione Franco!
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