Dettagli Recensione
Cyra e Akos
Tutti i pianeti della galassia sono attraversati dalla corrente. Essa scorre attraverso ogni fiore che sboccia nel ghiaccio donando la sua luce a testimonianza del suo potere. Thuvhe è uno dei Pianeti che compongono il sistema stellare; è un luogo abitato da due popolazioni tra loro rivali, i pacifici Thuvhesiti, cultori dei fiori del silenzio, e gli Shotet, guerrieri di origine nomade. Tra gli abitanti di questa realtà esistono i cd “predestinati”, coloro cioè che sono muniti di fati. Questi ultimi hanno un significato estremamente particolare poiché, con il loro essere, sono in grado di mutare le vite e le sorti dei rispettivi proprietari.
Cyra Noauvek shotet, sorella di Ryzek, nonché Akos Kereseth, thuvhesita, lo sanno molto bene. Entrambe ne hanno subito gli effetti; il giovane, venendo rapito in tenera età dalla casa natia, sita in Hessa, insieme al fratello Eijeh, e la ragazza essendo condannata, a causa – oltretutto – del suo dono, a diventare lo strumento di tortura per eccellenza del fratello, il quale vuole in ogni modo evitare che il suo “percorso”, con esito infausto, si realizzi. Ma non sono solo i fati a renderli speciali; sono anche i loro doni a contraddistinguerli dalla massa. E se Cyra ha la capacità di percepire il dolore e di infliggerlo col tocco delle proprie mani, Akos è in grado di interrompere il flusso della corrente e dunque di dare sollievo all’intima sofferenza della stessa.
Cyra è piegata dal senso di colpa, non vorrebbe utilizzare il suo potere quale arma, ne tantomeno vorrebbe servire lo shotet per scopi meschini ed oscuri, ma è anche ben consapevole della propria incapacità ed impossibilità a sottrarvisi. Il maggiore sa dove far leva per ottenere i suoi servigi, sa esattamente quali tasti toccare per placare ogni animo ribelle della consanguinea. Ed è proprio quando le sorti sembrano aver fatto il loro corso, che le carte delle medesime vengono a rimescolarsi. Dall’incontro dei due protagonisti, nulla sarà più come prima, alcunché sarà così scontato e/o immutabile e l’avventura avrà inizio…
Con “Carve the mark. I predestinati”, torna in libreria con un’opera piacevole, contraddistinta da un’idea di partenza buona e ben strutturata, Veronica Roth, autrice della celebre saga di Divergent. La stessa è caratterizzata da uno stile semplice e dalla tanto amata alternanza di narrazione (peculiarità che abbiamo già rilevato essere propria della penna di molteplici scrittrici contemporanee, Roth compresa), elementi questi che rendono, almeno nella prima sezione dello scritto, la lettura farraginosa. La storia prende campo e si sviluppa pienamente soltanto a partire dai 2/3 del volume e cioè dal momento in cui, superate le premesse, entriamo nel vivo delle vicende.
Per quanto i presupposti per riuscire vi siano, mi duole dover dire che lo scritto non brilla particolarmente per originalità essendo intriso di tratti che inevitabilmente lo ricollegano a pellicole cinematografiche e/o pubblicazioni contemporanee (e passate). Taluni tratti comuni sono innegabili, infatti. L’americana, inoltre, non si stacca dalla tipologia di personaggi adolescenziale, – che si concentra nuovamente nei 16/17 anni – né dal binomio povertà/ricchezza, con la quale l’abbiamo conosciuta, sminuendo così in parte quella crescita che poteva percepirsi nella sua penna. Se infatti dal punto di vista descrittivo e narrativo questa risulta maturata, il carattere dell’età, la riconsacra al pubblico più giovane, ed è un peccato, perché Akos (in particolare) e Cyra si fanno amare dal pubblico.
Comunque, nel complesso il testo si fa apprezzare, incuriosisce, cattura, funziona. Non può definirsi una lettura indimenticabile, ma certamente è adatta a chi cerca un libro semplice, solido, di facile scorrimento, e con cui trascorrere qualche ora lieta.
Indicazioni utili
- sì
- no
no = a chi preferisce opere più concrete