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MacGyver su Marte
Quanti di voi ricordano MacGyver? Una famosa serie televisiva americana che spopolava durante i mitici anni 80 con protagonista un giovanotto dal fisico atletico, agente governativo e spesso impegnato in missioni ai limiti dell'impossibile contro truffatori e pazzi criminali.
Ed Angus MacGyver si distingueva dagli altri paladini della giustizia per il suo assoluto rifiuto verso qualsiasi forma di violenza, incluse le armi da fuoco; l'unica arma di cui disponeva era l'ingegno, arguto ed affilato come una lama (o meglio come il coltellino svizzero che portava sempre con sè), in grado di tirarlo fuori da qualsiasi situazione ostile sfruttando a proprio favore tutto ciò che l'ambiente esterno gli metteva a disposizione.
Vi chiederete forse cosa c'entri MacGyver col "Sopravvissuto" di Andy Weir. Presto detto: quando Mark Watney durante una missione esplorativa su Marte rimane colpito da un'antenna di trasmissione volata via dal suo sostegno a causa di un'improvvisa tempesta di sabbia, perdendo di vista i suoi compagni di missione, si ritrova solo sul pianeta rosso mentre il resto del gruppo, credendolo morto, inizia il viaggio di ritorno verso la Terra.
Non vi nascondo che il solo pensiero di immedesimarmi in una situazione simile mi mette i brividi: provate ad immaginare cosa significhi prendere coscienza di essere l'unico uomo vivente su un pianeta immenso e sconosciuto come Marte, senza alcuna possibilità di comunicazione verso la Terra a causa dei danni provocati dalla tempesta e con speranze praticamente nulle di sopravvivere sino alla prossima missione verso Marte che la NASA avrebbe organizzato.
Anche per un astronauta esperto ed addestrato come Mark non è stato semplice resistere alla tentazione di disattivare i sistemi di emergenza della tuta spaziale ed avvicinarsi il più rapidamente possibile al suo inevitabile destino di morte sul pianeta rosso.
E' qui però che entra in gioco il MacGyver che è in Mark: accantonati timori e paure, Mark darà sfoggio a tutto il suo ingegno ed inventiva per impiegare le poche risorse recuperate all'interno dello Hab (base artificiale) al fine di ripristinare il corretto funzionamento di tutti i sistemi vitali (ossigenatori, camere di equilibrio, depuratori, ecc.), riuscendo anche a creare un piccolo orto artificiale con annessa coltivazione di patate marziane, sino a pianificare una personale missione di salvataggio, estremamente pericolosa ma l'unica possibile.
Solo fantascienza? Non del tutto: Mark è un ingegnere meccanico con la passione della botanica, quindi ogni sua 'invenzione' viene descritta con dovizia di particolari, forse un pò ostici per chi ha poca familiarità con reazioni chimiche o circuiti elettrici ed effetti gravitazionali, ma ogni 'magia' che Mark tira fuori dal cappello viene sempre svelata tramite una dettagliata spiegazione scientifica.
Ovviamente fisica e chimica non sono gli unici ingredienti di questo romanzo; per quanto abbondanti, l'autore riesce ad amalgamarli con una buona dose di adrenalina in puro stile americano, della serie "Houston! Abbiamo un problema!", onde evitare che il lettore possa assopirsi prima del finale 'galvanizzante'.
Un romanzo d'avventura che certo non deluderà gli amanti del genere; inevitabile la trasposizione cinematografica considerato il successo di film 'gemelli' dal plot interplanetario, come Apollo 13 o Mission to Mars solo per citarne alcuni.
Non manca nemmeno nel finale il tipico messaggio hollywoodiano pregno di buonismo ed ottimismo che, stavolta, sento di condividere pensando alla straordinaria partecipazione umanitaria durante le recenti tragedie che hanno colpito l'Italia (che sembrano quasi presagite, lo scontro tra treni in Puglia e terremoto ad Amatrice):
"Ogni essere umano possiede l'istinto innato di aiutare il suo prossimo. Certe volte può non sembrare che sia così, ma è vero. Se un'escursionista si perde in montagna, ci sono altre persone che coordinano una spedizione di ricerca. Se un treno deraglia, c'è gente che si mette in fila per donare il sangue. Se un terremoto rade al suolo una città, c'è gente che da tutto il mondo invia rifornimenti. Tutto questo è così fondamentalmente umano che si riscontra senza eccezioni in tutte le culture. Sì, ci sono le teste di cazzo a cui non frega niente, ma sono una minuscola minoranza in confronto a tutti quelli a cui frega moltissimo. E per questo motivo io ho avuto dalla mia parte miliardi di persone".
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