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Un ultimo "Dove sei?"
Partiamo analizzando lo stile. Questo risulta crudele, tagliente, senza pietà dal punto di vista lessicale: Orwell non teme infatti di utilizzare termini espliciti, se ciò gli consente di essere più crudo e preciso nei confronti del lettore. Così dicendo non mi riferisco soltanto all'uso di parolacce (comunque neanche tanto presenti nell'intero romanzo), ma anche di termini appartenenti alla sfera semantica della "Violenza". Il romanzo vuole infatti essere, sotto tutti i punti di vista e A SCOPO DI DENUNCIA, il manuale della perfetta sottomissione, e in questo senso gioca un ruolo chiave anche lo stile.
Proprio al discorso stilistico mi ricollego per analizzare il contenuto: l'autore vuole generare in noi una nauseante repulsione e un odio incondizionato nei confronti dei regimi totalitari. L'ambientazione del romanzo è passata alla storia come una pietra miliare del concetto di "Distopia" e quest'ultima infatti altro non sarebbe che il punto di arrivo di tutti i governi basati sul culto della persona. Questa fantomatica persona nel libro è "incarnata" dalla figura del Grande Fratello, e gli uomini in suo nome sono privati di ogni libertà, a partire da quelle elementari (privacy presso le proprie case), passando per quelle affettive (divieto di amare liberamente altre persone, siano esse i propri fidanzati o i propri parenti) per arrivare, infine, alla privazione della libertà di pensiero (intesa proprio in senso stretto).
La libertà di pensiero, e tutti i ragionamenti intorno ad essa, rappresentano la colonna portante della denuncia orwelliana, la cui mole è letteralmente enorme. Scoprirete, forse a vostre spese, quanto sia spiegato magistralmente nel libro il concetto di "bipensiero", e quanto orrore è insito in lui.
Il massimo dei voti merita questo libro in termini di contenuto e di stile, perché dal connubio tra i due nasce un analisi sociologica abominevole, ma al tempo stesso affascinante e, letterariamente parlando, elevatissima.
Un po' meno merita, per forza di cose, la piacevolezza del libro: per circa 300 pagine, il lettore si trova catapultato in un mondo dove l'Odio detta legge. La felicità non esiste, se non accompagnata perennemente da un senso incombente di sofferenza. Per leggere un libro così, bisogna avere coraggio. In più, nello spiegare i meccanismi dello Stato, Orwell ricorre a pagine meramente tecniche, scritte in caratteri più piccoli rispetto a quelli usati per narrare l'intera vicenda, e quindi più difficoltose.
Possiamo concludere definendo "1984" il baluardo per eccellenza contro le dittature. È un libro devastante, un calcio in faccia alla Speranza (termine volutamente maiuscolo), ma che DEVE essere letto da ognuno di noi, perché quando dovessimo rischiare di cadere in mano all'Hitler di turno, sapremo come combatterlo.
Ironia della sorte, il libro che per eccellenza narra lo stupro della libertà, potrebbe rivelarsi, in un futuro, il migliore per (ri)ottenerla.