Dettagli Recensione
A Perfect Day?
ldous Huxley – Il Mondo Nuovo – 1932
Distopico.
Non si può recensire questo libro se non si dice "distopico".
Ebbene, l'abbiamo detto.
Non pascolo abitualmente i verdi prati della fantascienza – almeno quella libraria – senza motivi reali, a dire la verità. Credo che semplicemente non capiti.
Come non è capitato di leggere questo libro prima.
All'esame di Storia Moderna, primo anno di Lettere, il professore propose la lettura di questo romanzo per il corso monografico. Io poi cambiai piano di studi e diedi Medievale. Non certo per colpa di Huxley o del docente di Moderna. Capitò e basta.
Ci ho ripensato quando Lenina, distratta dalle sue pene "d'amore", commette un errore e 22 anni dopo un povero innocente muore di malattia del sonno.
Parlando di questo libro non posso fare a meno di confrontarlo con 1984 di Orwell.
In entrambe le società immaginate dagli autori si esercita un controllo totale sulle persone, ma, mentre in 1984, esso si basa sulla repressione, nel lavoro di Huxley il controllo si esplica attraverso… la felicità.
La società produce gli individui di cui ha bisogno (intelligenti, mediamente intelligenti, stupidi, molto stupidi) e per ognuno fabbrica una vita "felice"; con un lavoro commisurato alle proprie capacità e necessario alla comunità e divertimenti e svaghi commisurati al valore intellettivo.
Ogni individuo appartiene ad una categoria (definiti dalle lettere dell'alfabeto greco) e ogni cittadino, ama le cose adatte alla propria categoria, ha un lavoro adatto alla propria categoria e svaghi adeguati alla propria categoria.
Ma come si determinano le categorie?
Nella società "distopica" del Mondo Nuovo, ovviamente, non si fanno cose rozze come sesso e bambini, quindi gli individui vengono prodotti in serie alla bisogna.
E vengono prodotti scientemente alcuni molto intelligenti, altri meno, altri per niente, mediante manipolazioni chimiche degli embrioni.
Ma come mai nessuno vuole "passare" di categoria e tutti sono "felici" della propria?
Tramite il "condizionamento".
Fin dalla "nascita" i bambini (stavo per virgolettare anche loro) vengono condizionati ad amare certe cose e ad odiarne altre (gli "alfa" ameranno i divertimenti costosi, le cose nuove ed odieranno aggiustare le cose vecchie e similia).
Tutti vengono condizionati a non temere la morte, ad aborrire il sesso, a considerare "madre" e "padre" insulti etc.
E se, in tutto questo, spunta comunque un po' di tristezza, nessun problema, perché c'è il Soma.
Che è una sorta di sostanza stupefacente che fa stare bene, apparentemente senza effetti collaterali. O meglio, senza gli effetti collaterali che siamo soliti attribuire alle sostanze psicotrope.
Il consumo di Soma, naturalmente è attentamente calibrato e ogni categoria umana ha diritto solo ad una quantità precisa, che viene distribuita gratuitamente e giornalmente.
Il plot si sviluppa attraverso due/tre "intoppi" al mirabile programma.
Gli intoppi sono Bernardo Marx, Helmholtz Watson e il Selvaggio.
I primi due sono elementi della società "moderna", nati in provetta e condizionati dalla nascita, ma per motivi incerti provano una sorta di inquietudine che in un certo senso li porta a farsi domande e a cercare risposte (probabilmente qualcosa non ha funzionato nel loro condizionamento o nei trattamenti subiti da embrioni).
Il "Selvaggio", invece, è un essere umano nato in una "riserva" (luoghi dove gli umani "evoluti" tengono – in relativa libertà – quelli "primitivi") e che quindi ha una madre, una religione e similia.
Quando Bernardo visita la riserva conosce il Selvaggio e sua madre Linda (lei invece evoluta e pure Alfa o Beta, abbandonata lì molti anni prima) e decide di portarli con sé nella "civiltà".
Mentre Linda riprende serenamente ad "impasticcarsi" di Soma e muore quasi completamente sprofondata nell'oblio, il figlio cerca di integrarsi, ma non ci riesce, fino al tragico epilogo.
Si innamora della povera Lenina, che lo ricambia, ma che – ovviamente – non lo capisce (e i loro dialoghi amorosi, sono fin teneri nel loro essere surreali), perché non può comprendere la gelosia, e le fisime dell'uomo (onestamente in alcuni punti mi è sembrato di capire più lei di lui e questo è un segnale che serbo nel cuore con una certa apprensione).
La parte più notevole e – per me – più faticosa del libro è il colloquio, quasi alla fine, fra il Selvaggio e il capo supremo [fra parentesi è il motivo del "3" allo stile. Huxley, molto spesso, mette da parte la narrazione - che è abbastanza un pretesto - per spiegare la sua "visionaria" (?) società del futuro. Naturalmente ciò è volontario e funzionale al suo obiettivo, che non è quello di scrivere una storia, ma di illustrare una "distopia". Nonostante ciò, queste parti, in cui la vicenda dei personaggi viene un po' "cacciata a forza", personalmente le ho trovate piuttosto faticose da leggere].
Questi risponde a tutte le domande del Selvaggio, e, nel farlo, illustra la nascita e l'evoluzione del "mondo nuovo". Di come sia un errore pensare che una società di sole persone molto intelligenti sarebbe migliore (un esperimento – disastroso - è stato fatto). Di come non sia il caso di riporre troppa fiducia nella scienza. Né, in fondo, nell'essere umano. Che è portato a mettere se stesso davanti alla comunità e che ciò è sbagliato (e chi è Trekkie o Trekker dentro non ha potuto fare a meno di fare un pensierino a Spock).
Forse la cosa più disturbante di tutte, per me, è stata trovarmi a pensare che il tipo di società di "Mondo Nuovo" non è priva di aspetti positivi che si accompagnano a quelli agghiaccianti, va detto.
Di certo è dimostrato che il rinforzo positivo è più efficace della punizione in termini educativi (un essere umano messo di fronte ad un compito qualsiasi lo svolgerà meglio se al termine avrà una ricompensa – tipo cento euro – piuttosto che una punizione – tipo una bastonata in testa) e l'obiettivo del "mondo nuovo" è proprio quello di creare felicità per tutti, eliminando i problemi, lo stress, la fatica, la paura e l'incertezza.
Tutto al "modico" prezzo di una certa eclissi di coscienza, individualità, sentimenti.
Forse una delle cose più tristi della società attuale è far pensare per un attimo, che non sarebbe poi tanto male.
Meno male che Huxley, però, costruisce tutta la teoria sul fatto che l'uomo sia fondamentalmente ed irrimediabilmente malvagio.
E a questo – per fortuna – non riesco proprio a credere.
Colonna Sonora: Perfect Day – Lou Reed.
Indicazioni utili
Commenti
2 risultati - visualizzati 1 - 2 |
Ordina
|
Provo ad approcciare la lettura in modo neutro.
Cerco di sapere "il meno possibile" di un autore e di un'opera prima di leggerla, mi documento poi per la recensione, ma quando ormai mi son più che fatta un'idea.
A presto!
2 risultati - visualizzati 1 - 2 |
Di solito invece -purtroppo- l'approccio ad Aldous Huxley (e le successive interpretazioni delle sue opere) avvengono sulla scia di quella profonda strumentalizzazione che l'autore ha subito post-mortem sul finire degli anni '60, e che, paradossalmente, mitizzandolo lo ha al contempo svuotato dello spessore che invece merita.