Dettagli Recensione
Philip Dick un viosionario sempre moderno
IL TESTO CONTIENE SPOILER
“Cronache del dopobomba” è un romanzo visionario, come del resto visionaria è l’intera opera di Philip Dick. Scritto nel 1964 e ambientato in un futuro postatomico che per i lettori di oggi è già un passato piuttosto lontano. Due i momenti storici in cui si fissano gli avvenimenti e nei quali si muovono i personaggi: il 1980, anno in cui scoppia la guerra nucleare, e il 1987. Un arco temporale di sette anni nei quali lo scrittore lascia solo intuire al lettore come i sopravvissuti abbiano faticosamente tentato di ricostruire un simulacro di società civile. Berkeley e West Marin, in California, sono gli epicentri geografici del romanzo.
La guerra atomica scoppia improvvisa nessuno saprà mai chi l’ha scatenata e perché. Responsabile reale o immaginario della tragedia che decimerà la popolazione mondiale un astrofisico psicopatico, il dottor Bruno Bluthgeld, che già nel 1972 era salito agli onori della cronaca per avere effettuato un test spaziale da cui sarebbe poi derivata la guerra. Minato da manie di onnipotenza e di persecuzione lo scienziato cambia nome e si trasforma in allevatore di pecore, ma resta sempre all’erta e pronto a scatenare una nuova catastrofe.
Personaggio che con la guerra assurge a divenire quasi un idolo capriccioso è invece Hoppy Harringthon, un focomelico privo di gambe e braccia, ma dotato di poteri telecinetici e di ineguagliabili capacità tecniche. Emarginato nella società che precede la caduta delle bombe, compie la sua scalata sociale quando nulla sarà più come prima.
Edie Keller è invece una bambina di sette anni, concepita dalla volubile e bella madre Bonny Keller, il giorno dell’emergenza, quando il mondo sembrava destinato a scomparire sotto terra e Bony si abbandona tra le braccia di uno sconosciuto che poi diverrà uno dei suoi tanti amanti. La bimba, apparentemente normale, cela dentro di sé un segreto. In simbiosi con lei, vive come un parassita, Bill Keller, il fratello gemello di Edie che non è mai nato e che è rimasto incistato nella zona addominale della piccola. Fratello e sorella però comunicano e Bill può parlare con i morti.
La guerra ha cambiato tutto. Le comunità cittadine si danno leggi severe e la pena capitale spesso arriva arbitraria, ma nonostante ciò, il tentativo di ripartire da capo senza dimenticare ciò che si era è encomiabile. Fioriscono piccole aziende manifatturiere e il commercio pionieristico torna a fare capolino rimettendo in contatto la città con la provincia tornata rurale. I collegamenti sono però saltati ovunque. L’unico in grado di trasmettere i propri segnali è l’astronauta Walt Dangerfield lanciato nello spazio insieme alla moglie per colonizzare Marte il giorno stesso in cui è deflagrata la prima bomba. Dangerfield rimane così prigioniero del satellite che gira intorno all’orbita terrestre. Rimasto vedovo prematuramente trasmetterà sulla terra canzoni e romanzi audio che potranno essere ascoltati da chi è dotato di dispositivi di ricezione solo una volta al giorno. Il suo destino appare segnato fin dall’inizio, nessuno mai potrà più riportarlo a terra e nonostante le scorte quasi inesauribili di viveri e ossigeno, prima o poi Dangerfield dovrà salutare per sempre il suo affezionato pubblico.
Stuart McConchie è un giovane venditore di colore, unico a rimanere quasi immutato. Come se la guerra, che gli ha causato un primo momento di smarrimento, lo avesse messo di fronte per l’ennesima volta ad una prova da superare. McConchie si rifiuta di vivere nell’inciviltà che segna la nuova era e parte alla ricerca di una speranza e lo fa aggrappandosi come fosse un salvagente a quella sua inclinazione per il commercio.
Simile a Stuart è lo psichiatra Stockstill che però a differenza di McConchie sembra essere l’unico realmente in grado di comprendere fino in fondo tutto ciò che la guerra ha comportato. Fugge subito lontano da Berkeley senza pensare neppure per un minuto di tornare indietro. Non si stupisce dei poteri di Hoppy ed è l’unico a credere alla storia del fratello immaginario di Edie. Capisce scientificamente che Bill è reale quanto un ulcera. Sembra però rassegnato ad accettare i cambiamenti come ineluttabili.
E mentre ogni personaggio percorre la strada che lo condurrà al proprio destino, si intravedono animali mutanti dalla straordinaria intelligenza: topi che suonano il flauto col naso e cani parlanti.
A voler fare una critica ad ogni costo direi che il finale non regge un impianto narrativo che nel resto del libro è fortemente suggestivo. Infine, per apprezzare quest’opera di Dick, non bisogna mai dimenticare il periodo storico in cui l’autore lo scrisse. Quasi la metà degli anni Sessanta, quando la Guerra Fredda tra Usa e Unione Sovietica era solo all’inizio del disgelo, l’uomo non aveva ancora messo piede sulla Luna, la rivoluzione sessuale era solo alle porte come ancora alle porte era l’emancipazione dei neri.
Insomma il libro merita sicuramente almeno tre stelle su cinque.