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Il ritorno di un incubo, sessantasei anni dopo
Estate 2011.
Adolf Hitler si risveglia in uno di quei campi incolti e abbandonati a loro stessi che sono parte integrante dell'odierna Berlino e ritrova una Germania completamente diversa da quella su cui tiranneggiava negli anni Trenta del secolo passato: la guerra ha lasciato il posto alla pace, i suoi uomini e sua moglie Eva sembrano essersi volatilizzati e muove i propri passi con anatomica fatica in una nazione che non è più la sua. Trovato da un edicolante, viene etichettato immediatamente come un magnifico imitatore del Fuhrer che fu e si apre così una inedita carriera televisiva per il protagonista, capace in breve tempo di raggiungere picchi incredibili di popolarità e consensi fra la gente. Sebbene sia davvero l'ex dittatore e i suoi discorsi siano gli stessi del 1933, tutti lo acclamano e si complimentano con lui per la sua straordinaria capacità comica. Pian piano, l'obiettivo della (nuova) scalata politica al governo tedesco diventa sempre più realistico e concreto, almeno sino a quando un assurdo paradosso potrebbe compromettere tutte le sue fatiche.
Siamo di fronte a un variegato mix di fantapolitica e distopia al servizio del lettore medio la cui prima reazione, però, non può che essere fra lo smarrito e lo stranito. Perché l’intera trama è basata su una premessa surreale da accettare così com'è, ossia il risveglio di Hitler nella Germania contemporanea. Per davvero.
E, mentre il paese è cambiato sotto ogni aspetto, lui non è cambiato. Ed è tornato. Di nuovo, per davvero.
Appare sin da subito evidente l'intento dell'autore di evidenziare la voragine esistenziale in cui una nazione rischi di cadere nel bel mezzo di una crisi multisettoriale, con particolare accento sull'aspetto ideologico quando afferma che '...le masse brutali, povere, c'erano ancora. Dovevo solo risvegliarle.'.
Infatti, è anche grazie all'ottusità e alla stereotipizzazione della classe media (implicitamente disprezzata nel romanzo) che il redivivo Hitler, come nel lontano passato, riesce in una fulminea quanto inaspettata scalata al successo: persino i media televisivi e Web lo acclamano, anche perché nessuno, ovviamente, può pensare che si tratti del vero tiranno risorto. Un tiranno presentato in maniera impeccabile e assolutamente equilibrato fra lo statico personaggio storico e la dinamica figura romanzesca.
Nella necessità autorale di raccontare una storia da denuncia ricolma di tracotanza e aggressività, il Fuhrer riesce anche a esprimere qualcosa di importante e costruttivo nella frase '...non dobbiamo guardare al passato lamentandoci, bensì dobbiamo farlo per imparare'. Parole che rispecchiano il messaggio di fondo che Vermes vuole lasciarci in eredità una volta che terminiamo l'ultima pagina e chiudiamo il testo.
Lettura pienamente consigliata, affinché le macchie del passato siano di lezione per il presente e non intacchino affatto il futuro.
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Laura
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