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La (ir)realtà
Otto persone giacciono sul pavimento di una stanza.
Qualcosa non ha funzionato: il deflettore (che doveva tenere sotto controllo i raggi magnetici del macchinario presente nel locale) ha smesso di funzionare, e il fascio protonico, libero di colpire, ha investito i sette visitatori del complesso impianto, oltre alla loro guida.
Gli otto sono ridotti male, ustionati, indolenziti, con ossa fratturate, ma vivi.
Il problema è l'energia liberatasi nell'incidente: se i corpi sono distesi e impossibilitati a muoversi, otto menti sono connesse tra loro e parti di un unica (ir)realtà. Il mondo nel quale sono virtualmente imprigionati, adesso, è quello creato per tutti da uno solo degli otto... colui che, di volta in volta, prevale.
E allora il mondo può essere bigotto, oppure drasticamente selettivo, o intriso di paure e vendicativo, o teatro di un conflitto politico definitivo...
Philip. K. Dick costruisce una storia che è insieme sogno e incubo, ma anche videogioco ante litteram. Delega al suo dubbioso ma robusto protagonista, il tecnico Jack Hamilton, il compito di rintracciare (tra gli otto) il “nemico” di volta in volta da combattere, e organizzarne la sconfitta, per poi ritrovarsi con un nuovo nemico e in una (ir)realtà peggiore della precedente.
Fino alla soluzione definitiva.
Il tema principale di “Occhio nel cielo” è di quelli cari a Dick, che spesso ricorre a realtà parallele per mostrare tutte le conseguenze della debolezza umana o dei pericoli di un progresso che è anche regresso (non a caso le droghe e le sostanze sintetiche sono uno dei temi più trattati dallo scrittore americano). In questo caso, si sovrappone al racconto anche un filone politico, che è l'occasione per prendere di mira sia il comunismo che – ancor di più – gli eccessi anticomunisti.
Alla fine, però, c'è da dire che in questo libro lo sviluppo del messaggio non sembra tra quelli più riusciti in Dick: romanzi come “Ubik” o “Le tre stimmate di Palmer Eldritch” si fanno indubbiamente preferire.
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Si tratta di un libro che mi pare molto originale, anche se (deduco dal punteggio assegnato) non eccellente.