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Il granello di polvere che diventa una stella
Quando ho finito il primo volume della trilogia di Phèdre, "Il dardo e la rosa”, mi ero ripromessa di far passare un po’ di tempo prima di continuare con questo secondo volume. Eppure non ce l'ho fatta a starci lontano: Phèdre mi mancava terribilmente, come se fosse una mia cara amica partita via e non ancora tornata. Ed è così che mi sono rituffata, con gioia e inaspettata impazienza, nella storia delle avventure di Phèdre nò Delaunay, contessa di Montrève.
L’ombra che agguanta il finale del primo capitolo di questa serie allunga i suoi oscuri tentacoli in tutta la trama del secondo: Mélisande, la regina degli inganni, scappata misteriosamente dalla sua prigionia, sfida Phèdre a trovarla, facendo leva sul suo senso del dovere e su quel dardo di Kushiel che chiede di essere scagliato ancora una volta. Ed è per questo che la nostra eroina decide di rimettersi in gioco, tornando al servizio di Namaah: sfortunatamente la sua decisione allargherà la crepa nel suo rapporto con Joscelin, che proprio non riesce ad accettare la sua natura di anguisette, una crepa già presente per aver infranto i suoi giuramenti a Cassiel a causa di lei. Per questo motivo e per altri, al di sopra delle loro volontà, lui e Phèdre rimarranno separati per la maggior parte della narrazione.
Ma chi è il complice di Mélisande?Perché l’ha aiutata ad evadere? E cosa c’è in ballo? Queste sono le risposte che lei cerca: ogni nome sarà vagliato, ogni personaggio può essere il colpevole e nessuno è esente dall’essere in dubbio, in un gioco in cui tutti sospettano di tutti.
La sua ricerca della verità la porta alla Serenissima, in mezzo ad altri intrighi di corte, lotte per il seggio del doge e oracoli che si riveleranno profetici: “troverà quel che cerca nell’ultimo posto in cui guarderà”. Il filo di questa matassa porterà la narrazione al più grande colpo di scena della storia: il tradimento è al di sopra di ogni ragionevolezza, ancor più perverso di quello che ci si poteva aspettare; un tradimento che riguarda le sorti di un regno.
Dopo in infruttuoso gioco dei se, Phèdre si ritroverà prigioniera, ma è in queste difficoltà che si trova la sua forza e la sua grandezza: apparentemente accondiscendente e debole, riesce invece a ribaltare le sorti della sua vita e a mantenere fede alla promessa di scoprire i traditori.
La mancanza di Joscelin si sentirà, ma non tanto quanto previsto: al suo fianco troveremo nuovi amici, espliciti e non, come il pirata Kazan, Glaukos, la signora di Marsilikos, il capitano Rousse, la kore di Minosse Pasifae, l’arconte di Phaistos, il principe Severio Stregazza e i suoi zii, Ricciardo e Allegra; lei ammalierà tutti loro e in virtù di questo sentimento la affiancheranno nelle dure prove che dovrà sostenere.
La risoluzione degli enigmi è brillante e tiene col fiato sospeso e, cosa che ho apprezzato tantissimo, le spire dell’ombra che macchiavano il finale del primo libro, si allungheranno così tanto da invadere anche il finale del secondo: pur non essendo presente “fisicamente” durante quasi tutta la narrazione, Mélisande è una protagonista tanto quanto Phèdre; la amerete, la odierete, la maledirete e alla fine non potrete che meravigliarvi della sua astuzia e della sottigliezza della sua malvagità.
Un personaggio potente, complesso, dalle mille sfaccettature.
Il miglior pregio della Carey, a mio avviso, sta proprio nella stratificazione dei personaggi: Mélisande è una spina nel fianco, Joscelin è davvero combattuto tra l’amore e il dovere, e Phèdre, è il personaggio più raffinato, elegante e delizioso di sempre.
Nel primo capitolo della serie, ho avuto qualche perplessità riguardo le ampie parti dedicate alle discendenze, ai tanti nomi, alla descrizione delle parentele nobili e sono felice di dire che tutto ciò, in questo secondo volume, viene contestualizzato e per questo non risulta più tanto ostico. Eliminata quest’unica pecca che avevo riscontrato, il racconto diventa davvero piacevolissimo: questo non esclude il fatto che sia un libro impegnativo, in cui bisogna riflettere e sui cui tanti personaggi bisogna ritornare spesso per ricordarsi dove e quando sono stati già nominati. Ma una volta sciolta questa fitta rete di intrecci, posizionando al loro posto tutti i nomi, tutto diventa più semplice.
La scorrevolezza della narrazione perciò risulta migliore; inoltre, alcune scene del libro sono talmente potenti che sembrano cinematografiche: non ho avuto nessuna difficoltà a costruire con esse delle sequenze “da film”. E Phèdre? Bé, lei entra di diritto, con delicatezza e in punta di piedi, nella mia lista immaginaria dei personaggi letterari preferiti di sempre.