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LA SUA TESTARDAGGINE TIPICAMENTE PIEMONTESE
L’illusione di potere s’incarna in uno dei personaggi più eccentrici e straordinari di Philip K. Dick: il dittatore Gino Molinari, “un misto di Lincoln e Mussolini”. Molinari è un piccolo uomo, che compensa la debolezza della carne con la sua “testardaggine tipicamente piemontese”. Molinari è un dittatore che riesce a essere al tempo stesso spietato e sensibile, talmente sensibile da patire i dolori, i desideri e le speranze dell’umanità intera. Molinari è un mostro politico, che mette in atto la mostruosità della politica.
Forse la trama è ispirata da una precisa localizzazione: l’Italia nella seconda guerra mondiale, dilaniata da forze belliche e sociali di gran lunga superiori alla sua. Ibrido sospeso tra grandezza e goffaggine, il dittatore italiano rifiuta i trapianti di organi per nutrirsi unicamente della personalità ostinata e della carne fresca di un’amante ragazzina; ma quando la morte arriva, si svela il suo asso nella manica: ha cercato e trovato i suoi doppi nei mondi paralleli, per superare i suoi limiti umani e guidare il suo popolo in una guerra contorta, dove gli alleati sono peggio dei nemici e gli esiti si moltiplicano insieme alle dimensioni spaziotemporali.
Il protagonista del romanzo, il medico esperto in trapianti d’organo Eric Sweetscent, è un uomo fragile, dilaniato dai rapporti distruttivi: con la moglie; con i potenti per cui lavora; con la guerra che incombe nello spazio e nel tempo. Intrappolato dal vortice della storia e della sua vita personale, il nostro eroe tormentato è costretto a viaggi frenetici nel futuro e nei mondi paralleli, forse infiniti, che compongono un multiuniverso caotico e assurdo, confezionato su misura per le complessità dell’anima. L’esperienza più rivelatrice del viaggio è l’incontro con il proprio duplicato: Eric si ritrova di fronte, esposte a una luce spietata, le sue miserie. Una consapevolezza innaturale e terrificante, che lo costringe a scegliere: essere pessimi o non essere.
Dick ci racconta un’umanità sull’orlo del caos e della disperazione, ma salvata dal cieco desiderio di vivere. È l’amore per la vita, infatti, che ci costringe a compiere il male per poi rimuovere memorie e responsabilità, che ci spinge a proseguire il nostro cammino al di là dell’etica e della consapevolezza.
“Gli esseri viventi non sono stati creati per capire ciò che compiono.”
Una delle sue opere migliori, sospesa tra ottimismo e pessimismo.
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Grazie!
Valentina
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