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Il trionfo di un totalitarismo vuoto e decadente
Era la prima volta che avevo a che fare col genere distopico, e questo romanzo mi ha lasciato letteralmente sconvolto.
Sin dalle prime pagine, è possibile notare una cura quasi maniacale per l'ambientazione, decadente e molto simile a quella presente nei testi baudelairiani, accanto alla quale si sviluppa uno stile cupo ed austero che fa da introduzione alla trama vera e propria del libro.
'Dovevate vivere (e di fatto vivevate, in virtù di quell'abitudine che diventa istinto) presupponendo che qualsiasi rumore da voi prodotto venisse ascoltato e qualsiasi movimento — che non fosse fatto al buio — attentamente scrutato.'. Ecco, la feroce allegoria descritta da Orwell sta tutta in un mondo ideologicamente annichilito e dominato da un organismo totalitario esasperato alla massima potenza ed in pieno controllo di tutto e di tutti;
Si tratta del cosiddetto 'Grande Fratello', che è riuscito a schiavizzare tutti gli abitanti dei territori a lui sottoposti. E la frase 'Nulla vi apparteneva, se non quei pochi centimetri cubi che avevate dentro il cranio' riassume perfettamente lo stile di 'vita' (?) di quelle persone.
Nonostante lo stato di 'tirannide assoluta', però, il Grande Fratello pone le basi del suo potere su un totalitarismo teoretico ed artefatto, basato su menzogne alienanti e prive del benchè minimo riscontro oggettivo, senza dimenticare che il concetto di 'verità' è tanto soggettivo quanto confutabile. Di tutto ciò, se ne accorgerà il protagonista del romanzo, un certo Winston Smith, che rappresenterà - invano - l'ultimo baluardo contro un mondo ridotto in schiavitù più a livello psico-mentale che a livello fisico.
Il romanzo è caratterizzato dalla 'seconda vita' di Smith, che, insieme alla fidanzata Julia, tenterà di tutto per ostacolare il Grande Fratello; scriverà un diario segreto in cui esporrà i suoi pensieri senza censure, tenterà di entrare nella fantomatica Confraternita e si imporrà di non cedere alle tentazioni dialettiche che lo circondano, anche attraverso una serie di lucide e razionali rievocazioni pessimistiche riguardo un passato non idilliaco, ma quantomeno vivibile.
Per quanto sia immerso in un mondo di 'Mattia Pascal' pirandelliani, il suo obiettivo sarà quello di impedire la costruzione di un mondo ortodosso, in cui 'Ortodossia vuol dire non pensare, non aver bisogno di pensare'.
Purtroppo, sarà arrestato e sottoposto ad una serie di torture fisiche, ma sarà soprattutto annichilito e svuotato a livello mentale di tutte le sue idee, teorie e cospirazioni contro il potere centrale.
Può sembrare il classico finale pessimistico, in cui l'eroe di turno soccombe di fronte ad una forza negativa più potente di lui, ma non è così. Perché Orwell ci dice, a sedici pagine dalla conclusione, come il 'nuovo' Smith, ripensando alla perdita di Julia, 'Sentì gli occhi riempirsi di lacrime', ed allora un po' di amarezza va via, anche perché mi ritorna in mente una celebre frase di Giacomo Matteotti:
'Uccidete pure me, ma l'idea che è in me non l'ucciderete mai'.