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Il problema irresolubile del finale
Fondazione e terra, come è noto, è la conclusione della storia fantascientifica più famosa e amata mai scritta.
Credo che la fine di una storia sia spesso deludente, per una serie di meccanismi intrinseci al problema generale “narrare una storia”, e che questi meccanismi abbiano operato anche con la Fondazione. Finché il racconto è aperto infatti, Asimov ha tutto lo spazio che la sua fantasia richiede, e anche il lettore è libero di fantasticare sul canovaccio del racconto. Tutto quadra, e per quanto non quadra la soluzione viene rimandata.
Al momento del finale Asimov deve tirare le fila, e la storia resta imbrigliata in una delle molte soluzioni possibili, che può ovviamente non piacere al lettore (io per esempio non amo Gaia che mi fa pensare a una comune di vecchi hippies che vendono catenine in spiaggia). L’interesse eccezionale della trilogia poi aveva generato un’aspettativa proporzionale per la sua conclusione, aspettativa che era quasi impossibile non deludere. Sono libri e libri che ci occupiamo della sorte di niente di meno che la galassia, era dura rilanciare.
In sostanza quindi, il libro è all’altezza del resto della saga, ma meno bello perché ne è la fine. La colpa non è di Asimov, che non sarà mai lodato abbastanza, ma dell’ineliminabile inferiorità delle conclusioni rispetto agli inizi.